Il pizzaiolo calabrese più verace dei napoletani

I suoi locali sono in testa alle classifiche: «Faccio solo tre pizze. Il lievito madre? Una bufala...»

Il pizzaiolo calabrese più verace dei napoletani

Si può essere controcorrente nella capitale del food, degli chef stellati, delle grandi catene della ristorazione e delle mode fusion, e però fare il tutto esaurito? È la scommessa, vinta, di Pasquale Pometto, quarantunenne pizzaiolo calabrese, barba fitta e sguardo acceso alla Mimì metallurgico. Le classifiche sulla sempre più gettonata pizza napoletana a Milano mettono i suoi locali - «AM» di Porta Romana e «Piz» di via Torino - ai primi posti, in barba ai grandi brand partenopei che in città si allargano a macchia d'olio. Merito di Pasquale, nativo di Rossano Calabro ma con un'esperienza quasi ventennale a Firenze, quello di riuscire nella difficile impresa di rievocare la pizzeria proprio com'era nella sua tradizione: un menù stringatissimo di solo tre pizze - margherita, marinara e bianca - in un ambiente genuino e casalingo. Detta così sembrerebbe il classico uovo di colombo; la realtà è che i suoi locali, piccoli ma gettonatissimi da giovani e turisti, vedono sempre una festosa fila in attesa, accattivata da assaggini e prosecchi distribuiti dal solerte personale. E proprio in questo autunno i locali son diventati tre: si è aggiunto il «Pomet» di via Valpetrosa, specializzato in panini al forno, in attesa del «No Glutine», locale pensato per i celiaci buongustai. Pometto ci racconta il suo successo nato esclusivamente dal passaparola e, come si diceva, controcorrente: banditi il format della «catena», del folclore e persino l'ormai famigerato lievito madre. «Qui si fanno solo tre pizze perchè è l'unico modo per preservare due fattori imprescindibili: la qualità e la velocità. Il lievito? Uso quello di birra perchè i miei impasti riposano due giorni interi e il risultato è quello di una pizza gustosa e leggera. Provare per credere». Ai forni ci sono soltanto ragazzi che passano sotto la sua rigorosissima formazione. «Io non cerco pizzaioli ma... caratteri, che debbono essere volenterosi, genuini e disponibili a fare squadra». Pometto non nasconde di essere un autodidatta. «Ma un autodidatta curioso, che ama girare il mondo e ascoltare i clienti. Come ho imparato a fare una pizza veramente napoletana? Con umiltà e facendo tesoro dei consigli dei clienti napoletani». Niente catene, appunto. «Sono ormai sinonimo di dozzinalità - dice - ma c'è un'altra ragione: i ragazzi che assumo mi piace anche formarli all'imprenditorialità. Quando sono pronti, vendo loro le quote e così posso aprire nuovi locali».

Pasquale è anche il «designer» dei suoi ristorantini, sempre controcorrente. «A Milano i ristoratori investono milioni negli arredi, a me invece piace inventare con poco e dipingo perfino i quadri per i miei locali. Lo stile? Antidepressivo, a Milano ha un grande successo...».

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