Il pm: «Ilaria sarebbe ancora viva se i vicini avessero dato l'allarme»

Gianluca Palummieri non si sarebbe potuto salvare. Mentre Riccardo Bianchi, il suo amico Riccardo Bianchi che aveva passato la sera a chiacchierare con lui, violentava e torturava sua sorella Ilaria, Gianluca era già morto da ore, trafitto da trenta coltellate, ucciso da Riccardo e infilato nel baule dell'automobile. Invece Ilaria si sarebbe potuta salvare, i suoi vent'anni di ragazza avrebbero potuto diventare la vita normale e vissuta di una donna. Dopo avere ucciso Gianluca, Riccardo era andato a casa sua: di Ilaria, che era stata la sua fidanzata, e che l'aveva piantato. Ilaria era una ragazza forte. Urlò, si ribellò, lottò. I vicini sentirono le sue urla, sentirono i colpi. Ma si girarono dall'altra parte. Nessuno, nel palazzo, pensò che fosse proprio dovere chiamare la polizia.
Ieri Cecilia Vassena, pubblico ministero, ha pronunciato la sua requisitoria contro Riccardo Bianchi, giudicato dai periti perfettamente capace di intendere e di volere quando ammazzò i fratelli Palummieri, tra il 23 e il 24 giugno 2011. Per Bianchi, che «non ha mai mostrato alcun segno di pentimento», il pm Vassena ha chiesto l'ergastolo per duplice omicidio. Ma nel suo intervento ha avuto parole pesanti anche per l'indifferenza di chi udì quelle urla e non alzò la cornetta del telefono. Non c'è un obbligo giuridico di chiamare la polizia. Ma una parte di colpa pesa anche sulla coscienza di chi quella notte fece finta di niente.
Per il resto, la requisitoria della Procura si è mossa su un sentiero obbligato. Nulla, per come i fatti hanno preso forma e dettaglio durante l'inchiesta, poteva ridimensionare le responsabilità di Bianchi. Non lo stato mentale, che pure i consulenti della difesa hanno cercato di spacciare per una sorta di follia momentanea, e che invece i periti del tribunale hanno trovato assolutamente normale: se normale si può considerare la crudeltà di chi decide di vendicare col sangue l'onta di una relazione interrotta; non le modalità dell'omicidio di Gianluca, e soprattutto di quello di Ilaria, preceduto da un lungo sequestro e da stupri ripetuti; e ancora più decisivi, nell'impedire la concessione di qualunque attenuante, sono stati i meticolosi preparativi che hanno preceduto il duplice delitto, studiato fin nei dettagli documentandosi su siti e manuali.
In aula, ad ascoltare la richiesta di ergastolo, ieri c'era anche Riccardo Bianchi: apparentemente impassibile. A pochi passi da lui, con gli occhi lucidi di rabbia, il padre dei due ragazzi uccisi. In questi lunghi mesi passati dalla notte del delitto, Giovanni Palummieri non ha avuto un rapporto facile con la giustizia. Ha avuto la sensazione di essere trattato come un numero e non come la vittima di una tragedia immane. Ha ricevuto a casa, impietosamente, gli atti con i referti dettagliati delle torture. Si è visto rifiutare a lungo, e senza motivo, la riconsegna dei corpi. Ha ricevuto una lettera burocratica del Comune che sfrattava i suoi figli dall'obitorio.

Ma ha soprattutto covato il timore di una sentenza indulgente, che consentisse all'assassino dei suoi figli di tornare un giorno libero: «Non c'è problema, lo aspetto quando esce». Mercoledì prossimo si conoscerà la sentenza.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica