Maria Sorbi
Giuseppe De Palo vendeva limoni di fronte all'università Statale. Erano frutti brutti e ammaccati ma gli studenti li compravano lo stesso. Si diceva portassero fortuna agli esami. Grazie a quelle quattro cassette di legno accatastate sul marciapiede, il fruttivendolo degli anni Settanta accumulò una piccola fortuna. E donò tutto, quasi 40 milioni di lire, all'ospedale Maggiore. Un giorno di presentò dall'allora direttore generale Luigi Marangoni (che fu ucciso dalle Brigate Rosse nel 1981) con tutte le monetine che aveva e disse: «Voglio lasciare tutto all'ospedale, la mia vera famiglia».
Il suo gesto gli fruttò un ritratto a fianco dei più grandi benefattori del Policlinico. Il quadro tuttora campeggia in via Francesco Sforza a fianco di quella di Arrigo Recordati, uno dei donatori più generosi. In questi due ritratti, uno a fianco all'altro, si sintetizza la storia di secoli di donazioni. Quelle di nobili duchi e quelle di cittadini semplici. Allora come oggi: anche adesso il Policlinico riceve gli assegni delle famiglie più facoltose, grazie ai quali ristruttura padiglioni e acquista i macchinari più costosi, e i 50 euro donati dai cittadini privati. Una storia di generosità che va avanti, senza interruzione, da quando l'ospedale è nato nel 1456. «Da sempre siamo l'ospedale dei milanesi» spiega il presidente della fondazione Irccs Policlinico Marco Giachetti. La «cà granda» appunto.
Ogni anno l'ospedale raccoglie quasi 3 milioni di euro grazie all'altruismo dei milanesi (e non). Per questo vuole valorizzare la lunga tradizione di generosità, regalando a tutti i donatori (dai più facoltosi a chi dona solo 100 euro) un riconoscimento. È allo studio un progetto per realizzare la parete dei benefattori, ricalcando in qualche modo le orme del passato. Senza eccedere ovviamente nelle «vanterie» di una volta. All'epoca infatti, a seconda della cifra donata, si aveva diritto al ritratto a mezzo busto o a figura intera. Ora la galleria dei volti che hanno contribuito a costruire il Policlinico potrebbe essere aggiornata con i nuovi donatori. Veri ritratti (non fotografie) che, forse, verranno realizzati dagli studenti di Brera. Il presidente Giachetti vuole anche far rivivere la festa del Perdono (che viene celebrata il 25 marzo di ogni anno dispari in corrispondenza della festa dell'Annunciata e che vale l'indulgenza plenaria). «Fino agli anni Ottanta - spiega Giachetti - era un evento aperto alla città, con l'esposizione dei ritratti per invogliare nuove donazioni. Poi è stata annegata fino a diventare un incontro in aula magna. Noi vogliano restituire quella giornata alla città, valorizzando la storia dei donatori del Policlinico». I soldi delle donazioni serviranno principalmente per migliorare le cure e finiranno in gran parte nei reparti, come spesso voluto direttamente dai donatori. Ma serviranno anche a risanare l'immenso patrimonio artistico. In via Francesco Sforza, dove oggi ha sede l'area amministrativa ma dove un tempo sorgevano i reparti, c'è un immenso archivio da recuperare. Il sogno è quello di farne un museo aperto al pubblico nell'arco dei prossimi otto anni.
«Tuttavia per ridare alla città questo patrimonio bisogna effettuare lavori importanti alla struttura - spiega Giachetti - dalla messa in sicurezza agli impianti elettrici. Ricordiamoci che questo edificio è stato anche sotto i bombardamenti».