Il presidente della Provincia: «I veri partigiani mi hanno stretto la mano»

La sala per Ramelli? Un dovere concederla

Il presidente della Provincia: «I veri partigiani mi hanno stretto la mano»

Presidente Guido Podestà, l’hanno contesata.
«Certo non mi aspettavo uno scrosciare di applausi».
Fischi e insulti sia durante il corteo che qualndo lei era sul palco.
«I soliti, solita contestazione».
Chi contestava? Partigiani, sindacalisti, no-global, Sel, il Pd?
«Non ho visto bene, ma da quel poco penso centri sociali. Ragazzi che i valori della Resistenza non sanno nemmeno cosa siano».
E le hanno impedito di tenere il suo discorso.
«Io il discorso dal palco l’ho fatto e a parte quei quaranta, cinquanta tutto il resto della piazza ascoltava».
Un po’ più di cinquanta. Ma il 25 aprile non è la festa della libertà?
«Chi la lotta partigiana l’ha fatta, è venuto a stringermi la mano».
C’erano sia il sindaco Giuliano Pisapia che il segretario della Cgil Onorio Rosati, hanno fatto qualcosa per fermare i contestatori?
«Rosati non l’ho visto, Pisapia mi ha detto che era molto dispiaciuto. E prima aveva chiesto non ci fosse contestazione. Gli sono molto grato».
Tornerebbe su quel palco?
«Io considero un dovere essere lì. E lo faccio ogni anno».
Lei è stato fischiato come uomo del centrodestra, ma rappresentava tutti i milanesi. Non c’è poco rispetto delle istituzioni?
«Il frutto di anni di antipolitica. Così come Pisapia rappresenta tutti, anche quelli che non lo hanno votato, così io rappresento tutti i tre milioni di abitanti della Provincia».
L’accusano di aver concesso una sala della Provincia a una manifestazione di neofascisti. Un pretesto, visto che ogni anno fischiano chi rappresenta il centrodestra.
«Solo un pretesto. Il regolamento dice che se un gruppo politico mi chiede la sala, io devo concederla. E così ho fatto. Come sempre».
E quelli di Forza Nuova?
«Che c’entrano? Avranno mandato degli inviti, ma io la sala l’ho concessa ai rappresentanti del Pdl che me l’hanno chiesta per proiettare un film sugli anni Settanta e la morte di Sergio Ramelli».
Il ragazzo del Fronte della gioventù sprangato a morte nel 1975.
«Ma si parla anche della morte di Fausto e Jaio, i due del Leoncavallo».
La Cgil annuncia un presidio.
«Non è colpa mia se la sala è vicina alla Cgil. Chiusa la domenica, non credo ci sia rischio di scontri. Quella della Cgil mi sembra soltanto una strumentalizzazione».
Quindi non si pente.
«Non rifacciamo l’errore di tornare ai tempi in cui si emarginava dal contesto civile e democratico una parte politica votata dai cittadini».
Negozi aperti, è stato giusto?
«Credo non impedisca a chi vuole di celebrare il 25 aprile. Una festa che si deve sentire nel cuore e non dev’essere un’imposizione».
Un bilancio tra fischi e applausi?
«C’è sempre un piccolo gruppo di intolleranti che non comprende il valore della democrazia.

E neanche il senso di una giornata come questa».
Il presidente Giorgio Napolitano ha fatto un appello all’unità.
«Il Paese deve essere unito. A maggior ragione oggi che c’è da affrontare una pesante crisi economica, occupazionale e sociale».

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