Primarie del Pdl, Formigoni è in campo

Primarie del Pdl, Formigoni è in campo

«Candidarmi alle primarie nazionali del Pdl? Io voglio impegnarmi ancora per la Regione, ma sono interessato e disponibile se questo sarà utile a far vincere il Pdl». Il giorno dopo l'addio alla Regione, quello di Roberto Formigoni non è stato per nulla un sabato da ex. Perché l'ha già detto e ripetuto che mai e poi mai si sarebbe «ritirato a vita privata», ma dopo quasi diciotto anni di governo sulla Lombardia e una caduta per certi versi drammatica della sua giunta (la quarta), era forse lecito aspettarsi una pausa di riflessione. Almeno qualche ora in cui chiedersi come proseguire una carriera politica che ha ormai compiuto i quarant'anni ed è stata ripercorsa nei giornali di ieri in foto che lo ritraggono ragazzo e barbuto a fianco di un sorridente Giulio Andreotti con Vittorio Sbardella o di un giovane Umberto Bossi. Ma anche il 23 aprile del 1995 mentre stringe la mano al candidato della sinistra Diego Masi appena sconfitto nel suo debutto elettorale in Regione. Il primo di una lunga lista di sconfitti che metterà in fila Mino Martinazzoli, Riccardo Sarfatti e Filippo Penati. Un album dei ricordi che non ha placato nemmeno per un attimo un Formigoni che già nella serata di venerdì, a poche ora dall'ultima campanella del consiglio regionale, confessava ai suoi fedelissimi di aver finalmente preso la decisione: niente esilio dorato al parlamento europeo, di fermarsi un giro in attesa che le acque si calmino nemmeno a parlarne. E allora l'unica possibilità, come fanno i giocatori e i politici di razza, è rilanciare e per farlo la scelta migliore è candidarsi alle primarie appena annunciate da Silvio Berlusconi. Che siano semplicemente del Pdl o aperte all'intero centrodestra per il Celeste ha poca importanza. «Sono stato sempre io, anche in tempi non sospetti, il vero sostenitore del bagno di democrazia per il Pdl», ha ripetuto. E quindi con Berlusconi che si fa da parte, per Formigoni chiusa la porta di Milano, si apre finalmente il portone di Roma. La città eterna che lui ha sempre immaginato nel suo destino e tanto spesso desiderata nei quasi diciotto lunghissimi anni passati in quel Pirellone che sempre più di frequente più che una reggia, gli è sembrato una prigione per le sue ambizioni.
E così Formigoni anche ieri mattina ha messo ancora una volta alla frusta la macchina dei suoi collaboratori (ormai sfiniti dopo mesi piuttosto intensi) per organizzare una conferenza stampa nella quale avrebbe dato «aggiornamenti importanti» (scritto in maiusolo). Una formula insolita che evidentemente nascondeva l'intenzione di annunciare in pompa magna la sua candidatura alle primarie. Con un fedelissimo che rivela anche la presenza di un «piano B» in caso di vittoria di Angelino Alfano, e Formigoni pronto a traslocare eventualmente a capo della segreteria del partito lasciata in quel caso libera.
Una giornata perfettamente organizzata, quella di ieri, se non fosse che come spesso succede ci ha pensato direttamente Berlusconi a sparigliare la carte già messe giù così in ordine dall'ormai (quasi) ex governatore. Perché la convocazione di giornalisti e telecamere a villa Gernetto lo ha ovviamente costretto a rinviare la conferenza stampa convocata per ieri pomeriggio a Palazzo Lombardia. Con il rischio e anzi il timore di doverla annullare se, come poteva sembrare, Berlusconi fosse tornato sui suoi passi e avesse annunciato la sua intenzione di candidarsi alla carica di premier. Non è andata così.

Berlusconi ha spiegato che rimarrà in campo per fare la riforma della giustizia e della Costituzione, ma non si candiderà. Che le primarie del centrodestra si faranno e saranno aperte a tutti. E Formigoni risponde che è già pronto.

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