Primo italiano a Kabul libera Addio alle armi dopo 44 anni

Comandante in Afghanistan, il generale va in congedo Carriera unica e grande amore per Milano (e l'Inter)

Primo italiano a Kabul libera  Addio alle armi dopo 44 anni

Via la mimetica. Dopo 44 anni, Giorgio Battisti dà l'addio al «mestiere delle armi», ben sapendo che un soldato resta un soldato, finché i suoi uomini lo ricordano.

E il generale Battisti è un comandante di valore, un comandante capace di fare in prima persona ciò che ordina agli altri: «Non si può chiedere qualcosa che non si è in grado di fare». Nel corso di una cerimonia al centro sportivo olimpionico di Roma, Battisti ha formalmente lasciato ieri il servizio attivo, dopo una carriera straordinaria al servizio dell'esercito e del Paese. «In questi anni - racconta - ho avuto l'onore di comandare tantissimi reparti, fino all'ultimo incarico di comando del corpo d'armata di reazione rapida della Nato in Italia a Solbiate Olona», con quindici Paesi dell'Alleanza atlantica. Generale di corpo d'armata dal gennaio 2011, e dal gennaio 2013 al gennaio ha ricoperto l'incarico di primo comandante del contingente italiano e poi capo di Stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan.

A Kabul è stato il primo italiano ad entrare. La capitale è stata liberata a fine ottobre 2001, poco più di un mese dopo il generale è arrivato coni ricognitori per capire come organizzare la presenza italiana. E si è messo all'opera per aprire un'ambasciata e accogliere il contingente italiano inserito in quello internazionale. «L'ambiente - riflette - ancora adesso è caratterizzato da insorgenza di talebani che non vogliono la pacificazione col governo afgano. Uno scenario difficile, come dimostrano i 53 soldati caduti in 14 anni e le centinaia di feriti». Dopo Bosnia e Somalia, Battisti è stato in Afghanistan. Quattro missioni (l'ultima di 13 mesi) e poi periodi più brevi: 32 mesi in 15 anni: «Queste esperienze - spiega - mi hanno fatto venire a contatto con questa popolazione, che da 30 anni vive nel conflitto. Vedere il sorriso dei bambini e delle bambine quando portiamo il conforto. Sono i momenti che danno senso alla vita che facciamo». «Per poter giudicare l'Afghanistan - avverte - bisogna essere stati là. Io ho visto quel Paese nel 2011 e lo vedo oggi. Certo, permangono difficoltà e il terrorismo che miete vittime innocenti ma i risultati si vedono, uno dei principali gruppi ostili ha chiesto l'armistizio. Oggi i giovani afgani possono aprirsi al mondo grazie alla tv, a internet, una possibilità che durante il vecchio regime era preclusa. Oggi per oltre il 50% la popolazione afgana è composta da giovani sotto i 30 anni. E i giovani ovunque sono la speranza».

I giovani sono una costante nella carriera di Battisti, che il 23 agosto 2015 ha ceduto l'incarico di ispettore delle infrastrutture dell'esercito e due giorni dopo è diventato comandante di Formazione, specializzazione e dottrina. In pratica dirige 21 scuole militari in tutta Italia, da Torino a Verona a Lecce. Considerando i giovani che si arruolano come soldati, si parla di 10mila allievi o giovani. Non più tardi di due settimane fa Battisti si è lanciato col paracadute, vicino a Pisa (sede di addestramento) per far vedere che la paura si può dominare, che la paura si può controllare.

La paura è al centro del discorso pubblico oggi. E i militari, nelle strade di Milano, sono invocati come antidoto alla paura. «Da anni - osserva Battisti - le forze armate forniscono concorso alle autorità di pubblica sicurezza in queste operazioni su tutto il territorio nazionale. Ed è una presenza sempre più diffusa per contrastare la criminalità e il terrorismo, per dare ai cittadini il segnale chiaro che il nostro stato ricorre alle forze armate per dimostrare la volontà di proteggerli, ricorrendo a tutti gli strumenti di cui può disporre uno stato democratico. La presenza del militare in certi luoghi ha un grande effetto di deterrenza e serve a contrastare terrorismo e criminalità».

L'Italia ha bisogno di competenza ed esperienza. E l'«addio alle armi» di Battisti non è che un arrivederci. «Metto la mia esperienza a disposizione, con un pizzico di presunzione la metterò a disposizione. Non ho ancora pensato a cosa farò, bisogna provare per saperlo ma credo che non mi fermerò, non farò il pensionato. E comunque il pensionamento è uno stato dell'anima. E io ho ancora tante energie». Amante dello sport («rilassa, stanca in modo soddisfacente») il generale ama sciare, correre. E ha sempre corso la Stramilano.

Battisti è un grandissimo tifoso dell'Inter: gioisce e soffre (in silenzio) con la sua squadra. Mantovano, tifa per l'Inter e ama Milano. «Senso civico, cultura, mi trovo veramente bene e non mi sento mai solo a Milano».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica