Primo oro 50 anni fa La storia di Agostini e del suo «destriero»

Rivive la leggenda del pilota che ha vinto 15 titoli mondiali Suo padre lo sognava ciclista

Antonio Ruzzo

C'è anche il taccuino degli appunti. Quello che poi passava ai meccanici della sua Mv Augusta. E quel 28 marzo del 1965 sulla pista di Riccione il messaggio era abbastanza chiaro: «La seconda a volte non entra...». Un altro mondo. Ora le mezzo litro sono i bolidi del MotoGp, tecnologia e contratti di un'altra dimensione. Ma Giacomo Agostini resta Giacomo Agostini: il più grande pilota di motociclismo di tutti i tempi. E a 50 anni dal suo primo titolo mondiale, i Forni Industriali Bendotti, la storica impresa di Costa Volpino in provincia di Bergamo che quest'anno celebra il centenario della sua attività, gli dedica una mostra. «Giacomo Agostini. L'età dell'Oro» sarà ospitata all'Accademia Tadini di Lovere, paese di cui Agostini è originario, dal 2 giugno al 3 luglio prossimi. Una storia infinita e gloriosa raccontata con i cimeli di una carriera unica e inimitabile. La prima volta che il grande campione salì su un ciclomotore aveva 11 anni. Un Aquilotto della Bianchi per partecipare alle gare locali di gincana. Poi è cominciata la leggenda: 15 titoli mondiali, 123 Gran Premi vinti, 163 podi su 190 gare disputate. Nel suo palmares anche 20 titoli nazionali e 311 vittorie in gare ufficiali, vincendo nel 1968, nel 1969 e nel 1970 tutte le gare delle classi 500 e 350 nel motomondiale, diventando il pilota vincitore di più gare iridate (19) in uno stesso anno (1970).

La mostra è un percorso che vale una vita. Che racconta una storia sportiva diventata patrimonio italiano, tramandata anche a chi è troppo giovane per conoscere e capire. Una leggenda puntellata di oggetti come il primo casco e l'indimenticabile prima tuta. E poi i trofei, i più importanti e quelli mai mostrati prima, le coppe strette dal campione sui podi più importanti del mondo e finanche il taccuino su cui segnava le informazioni utili per ogni tracciato. «La famiglia Bendotti, con cui sono amico da tantissimi anni, mi ha fatto un grandissimo regalo- racconta Agostini- Vedere questi cimeli in fila uno dopo l'altro è emozionante e anche un po' malinconico: mi mancano le gare. Mi manca l'odore degli pneumatici sull'asfalto, il cuore che batte prima della partenza, infilare la curva per un sorpasso inaspettato per tutti e certe volte anche per me. Oggi il motociclismo è molto diverso ma altrettanto bello». Giacomo Agostini, è diventato ciò che è diventato quasi per caso. Figlio di un padre che lo voleva ragioniere, il giovane Giacomo, appassionato di motori, poté coronare il suo sogno grazie a un amico del padre. Il notaio di famiglia a cui il papà chiese consiglio che, confondendo il motociclismo con il ciclismo, diede il suo assenso con la motivazione che un po' di sport avrebbe sicuramente giovato al ragazzo tanto minuto. Ragazzo poi diventato uomo, infine mito. Mito a cui è dedicata anche l'installazione che sarà svelata il prossimo 2 giugno in piazza XIII Martiri a Lovere firmata dall'architetto Mauro Piantelli (De8 architetti), dal titolo «Del valoroso e del suo destriero».

Un'opera inneggiante alla velocità, al dinamismo, all'azione. Alla vita fatta di attimi e percezioni. Che è poi ciò che fa la differenza in pista. Chè è poi la storia di Giacomo Agostini che resta scolpita su un asfalto che non c'è più ma che nessuno può camncellare.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica