Un asilo di lusso, con piscina e maestre bilingue, dalle parti di Porta Genova. Bambini che sciamano, chiacchiere tra genitori in attesa, la confidenza che si crea in un contesto lontano dal mondo del business, quando certe difese immunitarie si abbassano. Qui Roberto Sanna andava a prendere la prole. Intanto, tra una chiacchiera e l'altra, spiegava agli altri papà i suoi affari in Costa Rica e Iran. Trappole buttate lì, con abilità e indifferenza. Finché qualcuno non c'è cascato.
Da ieri Sanna è agli arresti domiciliari, colpito dall'ordinanza di custodia spiccata dal tribunale su richiesta del pm Luigi Furno. L'accusa per lui è di truffa aggravata, contenuta nel rapporto in cui la Guardia di finanza ha riassunto le indagini scaturite dalla denuncia delle vittime: i due papà «rimorchiati» all'uscita dell'asilo, più altri tre milanesi abbienti. Truffa, va detto, ben organizzata: il business rampante delle energie alternative, dove la Sd Enetrprise di Sanna annunciava grandi progetti di campi fotovoltaici sia in Iran che in Costa Rica. Tutto corredato di progetti, fatture, accordi commerciali sottoscritti. Tutti credibili, e tutti falsi.
I bersagli sono tutt'altro che degli sprovveduti, tra loro c'è anche un avvocato di 53 anni che proprio degli investimenti in Iran si presenta sul suo sito web come un esperto: eppure cade anche lui nei miraggi di guadagni prospettati da Sanna. Due incontri, a Teheran, avvengono davvero: nel marzo e nel maggio 2017 Sanna si presenta, accompagnato dalle sue future vittime, al governo della Repubblica islamica vantando competenze da specialista del fotovoltaico. Ma la parte autentica finisce lì. Sanna annuncia la discesa in campo di un socio coreano, e in questo modo convince i soci ad aprire i portafogli. A ondate successive, con una spiegazione o con l'altra, si fa versare quasi trecentomila euro.
Quando, a gennaio di quest'anno, i soci iniziano a sentire odore di bruciato, ormai è tardi. L'avvocato e gli altri prendono contati con le società estere che compaiono nei contratti e nelle fatture che Sanna ha consegnato loro: e tutti cadono dalle nuvole, «questa non è roba nostra», «è un falso grossolano». Eccetera. L'avvocato va da Sanna, gli chiede di riprendersi le quote e di ridare i soldi, Sanna acconsente ma rimanda tutto, «accampando le scuse più disparate per un paio di mesi». A quel punto le vittime si rassegnano alla triste realtà. Partono le denunce, e la Guardia di finanza comincia a scavare, anche per capire che fine abbia fatto il bottino.
A quel punto arriva la botta finale: i soldi non ci sono più. Quando arrivavano sui suoi conti correnti, Sanna provvedeva a disperderli su una serie di carte ricaricabili. E da lì venivano investiti in scommesse: un fiume di soldi che finisce presso sale giochi e siti online, a testimoniare una sorta di dipendenza patologica di Sanna dal gioco d'azzardo.
Ma la convinzione degli inquirenti è che ci sia anche dell'altro: che il truffatore utilizzasse il circuito del gioco per ripulire i soldi e farne perdere le tracce, secondo una schema che - spiegano le «fiamme gialle» - compare quasi in tutte le truffe. A difesa dell'arrestato, si può riconoscergli solo il senso dell'umorismo: alla società usata per la truffa, aveva dato lo stesso nome dell'asilo dove arruolava le vittime.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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