Le proteste dei profughi perché il riso è scotto sono scoppiate due giorni fa nel centro di accoglieza di Bresso. Ancora qualche settimana prima era stata la mancanza del wi-fi nell'albergo che li ospitava a provocare i mugugni degli immigrati di Vercelli. Oppure c'è la noia, che rende pesanti e interminabili le giornate. «Io alla fine li capisco, i rifugiati di Lizzola - dice Walter Semperboni, già candidato sindaco per il centrodestra - perché in effetti qui possono fare solo una cosa: niente. E così si annoiano. Il problema non sono loro, è chi ha spedito cento immigrati in un paese di centocinquanta persone dove lavorare per loro è impossibile». E così, venti giorni fa, i pachistani e i senegalesi di Lizzola sono scesi in strada in corteo, chiedendo e anzi pretendendo una sistemazione meno noiosa. Hanno bloccato il traffico sull'unica strada che porta in paese, i carabinieri li hanno tenuti d'occhio ma siccome erano tranquilli li hanno lasciati fare; a manifestazione finita sono tornati nelle case loro assegnate («in panciolle», sintetizza bruscamente Semperboni) e insomma si sono rassegnati a proseguire questa interminabile vacanza. D'altronde l'altro grande nemico, oltre la noia, per loro era la neve: che nel frattempo se n'è andata, e per qualche mese non si farà più vedere.
Per mettere a posto ogni tassello del grande caos dei rifugiati in Lombardia, dopo l'ordine «stop accoglienza» diramato dal governatore Roberto Maroni, bisogna anche raccontare anche casi come quello di Lizzola di Valbondione, remota provincia di Bergamo: perché aiuta a capire come il caos sia figlio anche di scelte campate per aria, difficilmente spiegabili con il buon senso. A meno che per buon senso non si intenda il fruscio dei bigliettoni: quello sì che spiega un sacco di cose. Perché anche nelle valli bergamasche l'accoglienza è un affare, soprattutto in stagioni in cui le stanze d'albergo e le seconde case sono deserte. Così finora ad accogliere la maggior parte dei rifugiati sono stati una serie di «case vacanza»: ebbene, le case vacanza (come pure l'albergo «Gioan», dove l'anno scorso sono stati provvisoriamente piazzati una parte dei rifugiati) sono della Sasna srl, di cui uno dei soci è Sergio Pifferi, ex sindaco di Valbondione ed ex parlamentare dell'Italia dei Valori, che del business dei profughi in zona è uno dei protagonisti insieme a onlus e cooperative cattoliche.
Cento rifugiati in un paesino come Lizzola hanno un impatto inevitabile: nel bene, perché almeno c'è in giro anima viva, ma anche nel male, come quando un paio di loro si sono accoltellati, o quando sulla corriera per Valbondione una quattordicenne si è vista strappare il cellulare da un ragazzo somalo, che voleva a tutti i costi che lei promettesse di chiamarlo. E quando poi i rifugiati sono scesi in corteo dicendo che a Lizzola non ci vogliono più stare perché fa freddo e ci sia annoia, il paese si è diviso. Chi li ha trovati un po' ingrati, «evidentemente tanto male a casa loro non stavano e tanta paura non avevano, se qua gli fa così schifo»; chi ha sperato che venissero rapidamente esauditi; e chi ha temuto di vedersi asciugare una fonte di reddito, i sussidi che la Prefettura versa quotidianamente per mantenere i richiedenti asilo, e anche l'economia indotta dalla presenza dei profughi: «Lo sapete - dice Semperboni - che il marito del sindaco è un siriano che di mestiere fa il mediatore culturale, cioè insegna l'italiano ai rifugiati?».
Dopodiché, in una situazione già non facile, l'altro giorno arriva la nuova botta: sul sito della Prefettura di Bergamo appare il comunicato con l'esito della nuova gara per collocare sui territori della Provincia altri 266 profughi. E al terzo posto, con 45 posti, riecco la Sasna di Valbondione. «Quando ho letto il comunicato - dice Romina Riccardi, capogruppo della Lega in consiglio comunale - ho fatto un salto sulla sedia. Cosa vuol dire che ne arrivano altri quarantacinque5? Al posto di quelli che ci sono già, o in aggiunta? Era stato promesso chiaramente che non si sarebbe mai andati sopra il tetto di novantotto, perché è ovvio che siamo già sopra la capienza massima di una comunità piccola come Lizzola».
Lui, Piffari, l'ex sindaco ed ex onorevole, evita di sbilanciarsi: «Non so ancora se l'assegnazione è definitiva. Noi abbiamo fatto domanda, vedremo se verrà accolta.
Di certo è che tra un po' passo alle querele, perchè in giro continuo a leggere che metto i profughi all'hotel Gioan, e i miei clienti si preoccupano. Invece all'hotel ci sono stati solo per pochi giorni, nella fase dell'emergenza. Adesso uso solo le strutture esterne». Ma sempre soldi sono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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