Psicodramma nel Pd tra processi e ripicche. E Sala riconosce il flop

Il sindaco smentisce ambizioni alla Macron. E Monguzzi: "Il nostro problema è Renzi"

Psicodramma nel Pd tra processi e ripicche. E Sala riconosce il flop

Lo psicodramma Pd inizia con la caduta della «roccaforte rossa» - Sesto san Giovanni - e prosegue con le spallate a Monza, Como, Lodi e in tanti comuni del milanese. Processi al segretario Matteo Renzi e ai dirigenti locali del partito, sedute (virtuali) di autonalisi sulle ragioni della disfatta, rivalse. L'ex presidente della Provincia Filippo Penati è uno che può permettersi il classico «l'avevo detto». Per mesi ha boicottato la ricandidatura di Monica Chittò a Sesto. Non ha perso, ha straperso, battuta dallo sfidante del centrodestra Roberto Di Stefano con 17 punti di vantaggio. «Qui, per mesi il centrosinistra, nonostante fosse ridotto ad una formazione gracile - analizza Penati -, ha teorizzato l'autosufficienza. Poi, dopo i risultati allarmanti del primo turno, si è imboccata la strada, convinti che mai Sesto, città medaglia d'oro per la Resistenza, Stalingrado d'Italia, non avrebbe scelto un sindaco di centrodestra e ciò a prescindere dalla valutazione sull'operato del governo cittadino. Non si è voluto riconoscere che nel voto dato alle civiche c'era delusione per come sono andate le cose in città e non era difficile prevedere che il solo richiamo al "rosso antico" sestese non avrebbe prodotto risultati sufficienti a vincere». Se Renzi nella notte elettorale ha raccontato che «i risultati sono a macchia di leopardo» e «nel numero totale di sindaci vinti siamo avanti noi del Pd, ma poteva andare meglio» il suo coordinatore milanese Pietro Bussolati ammette la sconfitta: «Abbiamo perso. Non basta il centrosinistra unito per vincere, soprattutto se ci mostriamo litigiosi ed enfatizziamo le differenze durante tutta la campagna. Abbiamo visto di cosa è capace il centrodestra unito». L'assessore dem Pierfrancesco Majorino rilancia il suo commento su Facebook e rimarca: «Ripartire dalle sconfitte innanzitutto ammettendole, senza tanti giochini retorici, mi sembra saggio. Non è un voto locale. È una botta nazionale molto, molto forte». Il segretario regionale Alessandro Alfieri dice: «Abbiamo perso una partita importante, non ci nascondiamo dietro un dito, ora la sfida per le Regionali contro Maroni è ancora in salita ma non impossibile». Ma non pensa di dimettersi dall'incarico (non si abbandona la barca quando si è in difficoltà»). Gioca col gergo calcistico l'assessore Filippo Del Corno: «L'allenatore della mia squadra del cuore si è presentato ai tifosi vincendo un'amichevole di lusso 4-0. Poi siamo stati eliminati al secondo turno di Europa League, abbiamo perso la finale di Champions e ora siamo stati eliminati al secondo turno di Europa League e anche al secondo turno di Coppa Italia. Temo che l'anno prossimo, se ci va bene, ci giocheremo la Mitropa Cup. A meno che non iniziamo, seriamente, a rafforzarci sulla fascia sinistra questa estate, guardandoci attorno perché c'è un'ala fuoriclasse e diversi eccellenti terzini che si propongono di giocare insieme a noi. Direi che il caso di ascoltarli, perché da destra di gol ne abbiamo presi anche troppi». Giovedì è convocata l'assemblea metropolitana del Pd, alla vigilia della due giorni dei circoli Democratici organizzata da Renzi proprio a Milano, al teatro LinearCiak.

E se Renzi prova ad assolversi, il sindaco Beppe Sala è tranchant: «L'analisi del voto è facile, ha vinto il centrodestra senza se e senza ma. Gli elettori premiano chi sta unito e il centrosinistra nell'ultimo anno non ha dato un bellissimo spettacolo». A chi lo stuzzica sulle voci di una discesa in campo nazionale, come «nouvel Macron» risponde che è «emotivamente impossibile perchè sono in politica da poco e le cose vanno meritate, voglio dimostrare che so fare bene il sindaco, e anche tecnicamente. Mi dovrò confrontare con il rinvio a giudizio». Il Pd Carlo Monguzzi cita per nome il colpevole della débâcle: «Inutile girarci intorno, il problema è Renzi.

La sconfitta è così forte e estesa che non sono più possibili mezze misure o gradualità: Renzi è fortissimamente osteggiato, in questo momento va sostituito se no alle politiche rischiamo di fare la fine di Hamon», il candidato francese del centrosinistra esclusi dal ballottaggio.

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