Cronaca locale

Quegli artisti dell'Est Europa tra censura e Guerra fredda

Ai Frigoriferi Milanesi una ricca mostra presenta le opere della Collezione Sudac, dagli anni 50 agli '80

Mimmo di Marzio

A Milano sono pochi i luoghi dove la cultura artistica viene praticata e proposta con rigore, al di fuori delle mostre spettacolo e degli spazi di mercato. Una mosca bianca, è il caso di dirlo, si trova negli edifici post-industriali dei Frigoriferi Milanesi di via Piranesi, dove è stato quest'anno inaugurato FM Centro per l'arte Contemporanea che si occupa di ricerca, archiviazione e collezionismo.

Dopo la preziosa esposizione inaugurale sull'arte italiana degli anni '70, un'altra chicca imperdibile per i veri appassionati del Novecento è quella che, in questi giorni (fino al 23 dicembre), offre una rara e ricchissima ricognizione di un periodo oscuro ai più ma che aggiunge un tassello importante alla storia dell'arte europea. Non Aligned modernity è il titolo (forse un po' criptico) di una mostra che racconta l'arte e gli artisti della ex Jugoslavia nel periodo della Guerra Fredda fino all'inizio degli anni Ottanta. L'esposizione rappresenta una parte dell'immensa raccolta d'arte di Marinko Sundac, collezionista, ricercatore e visionario fondatore della piattaforma Museum of the Avant-garde. Sono oltre seicento le opere scelte con rigore certosinico dal curatore Marco Scotini al quale è riuscito il difficile compito di suddividere opere, fotografie, video e documenti secondo un allestimento brillante che restituisce nuova vita a generazioni di artisti lacerati tra la fine del sogno socialista e l'oscurantismo della censura.

La mostra parte dalle avanguardie astrattiste che già alla fine degli anni Quaranta, con il distacco della Jugoslavia dal Blocco dell'Est, si affermarono con aura di ufficialità contrapponendosi alle dottrine del realismo sociale. Ma è ancora il Paese Titino a veder sviluppare movimenti di arte concettuale che nascquero in inconsapevole osmosi con quanto negli anni Sessanta stava avvenendo in Occidente. Da Zagabria a Lubiana, fino a Belgrado si assiste a una serie di interventi urbani, performance e video che ebbero la caratteristica comune di iconizzare una critica al regime ora aspra ora ironica. «Queste azioni - spiega il curatore Scotini - ebbero come protagonisti figure di primaria importanza, a partire dall'esperienza del collettivo d'avanguardia slovena OHO Group. Interventi urbani e contaminazioni grafiche sono al centro delle pratiche dei gruppi Group of Six Artists, oltre a Bosch + Bosch, KOD, Verbumprogram». A questi si aggiunge il rilievo individuale di alcune figure che ormai hanno raggiunto fama internazionale come Sanja Ivekovi, Marina Abramovi, Mladen Stilinovi, Goran Trbuljak, Tomislav Gotovac, Vlado Martek, Radomir Damnjanovi Damnjan».

Oltre al fenomeno jugoslavo, la mostra offre una disamina sui contenuti modernisti che si manifestarono in altri Paesi del blocco orientale - Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia, con cui gli stessi artisti jugoslavi hanno scambi e contatti, e in cui operano figure internazionali come Július Koller, Dora Maurer, Milan Grygar, Stano Filko, Rudolf Sikora, Jií Valoch, Józef Robakowski.

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