Quei 50 anni senza grandi opere

A ben considerare ciò che è in programma nel campo delle grandi opere edilizie sotto questa amministrazione, ci si prospettano risultati finali, se si manterrà quanto presentato, che non saranno privi di contraddizioni anche rilevanti. Si va preparando, per fare un esempio nelle zone come Porta Nuova o Fiera, uno spazio che non nasce certo per ricucire un tessuto urbano che nella sua globalità bene o male ha retto nel tempo, ma vere isole dove elementi come la strada e la piazza, da sempre fondamento dell’urbanistica, vivranno di fatto a servizio di un insediamento «autonomo».

E l’architettura alla quale dovremo, che ci piaccia o meno, abituarci sarà caratterizzata da una forte esaltazione della tecnologia, con l’impiego di materiali destinati a stupirci e a un uso e talvolta abuso del vetro e delle trasparenze, come pure dal fatto che ogni costruzione sarà espressione esasperata di una «firma» famosa, perché gli architetti progettisti faranno di tutto per glorificare il loro stile e affermare il loro marchio di fabbrica. Indubbiamente la mancanza nella nostra città all’abitudine del costruire in maniera importante, protrattasi per cinquant’anni, rende fatalmente il paesaggio futuro non privo di incognite.

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