Quel vecchio mulino capolavoro di Pellizza

Quel vecchio mulino capolavoro di Pellizza

È passato più di mezzo secolo da quando il pubblico milanese ebbe l'occasione di vedere esposto, nelle sale della Permanente, il dipinto «Vecchio Mulino», una delle poche opere divisioniste di Pellizza da Volpedo, l'autore del celebre Il quarto Stato. Va dunque a merito delle Gallerie Maspes (via Manzoni 45) la riproposta di un capolavoro tanto celebrato e discusso quanto poco visto, anche per la gelosia del collezionista privato che lo aveva acquistato. Negli anni Ottanta, il «Vecchio Mulino» uscì comunque dall'Italia per andare in Giappone, selezionato per l'esposizione dedicata alla pittura occidentale del XIX secolo, ed è stato poi di nuovo visibile a Trento, nel 1990, in occasione della grande mostra di Palazzo delle Albere dedicata al divisionismo italiano. Il capolavoro divisionista di Pellizza inaugura del resto il nuovo spazio espositivo delle Gallerie Maspes (via Manzoni 45, ingresso libero, da martedì a sabato, 10-13, 15-19, sino al dieci maggio) e si avvale di un catalogo, curato da Francesco Luigi Maspes, e che contiene numerosi contributi critici, fra cui quelli di Aurora Scotti Tosini, già autrice del catalogo generale di Pellizza da Volpedo, Gianluca Poldi, Enrica Boschetti. Organizzata con il patrocinio della Commissione Europea, della Regione Lombardia, della Provincia di Milano, del Comune di Milano e di quello di Volpedo, nonché dell'Associazione Pellizza da Volpedo Onlus, la personale che ruota intorno a questo unico, importantissimo quadro racconta le forme del grande mulino, situato nel centro di Volpedo, e delle case adiacenti, con una lunga ombra che marca la profondità della strada. Al divisionismo applicato rigorosamente sullo sfondo, fa però riscontro un più libero modo di trattare il primo piano, con tonalità cromatiche ocra-rosate e con una stesura più mossa e libera di marca impressionista. L'opera, come nota Aurora Scotti Tosini, si iscrive «nell'ambito di quel ritorno al paesaggio che Pellizza perseguì nei primi anni del Novecento, in linea con le rimeditazioni sulla natura e con lo studio degli effetti di luce che la tecnica divisionista poteva offrire».
Dalle analisi diagnostiche e dall'intervento di restauro di cui il catalogo dà conto, vengono anche alla luce le originali cromie usate dall'autore, e la sua minuziosità tecnica. Nato nel 1868 in quella Volpedo che allora era un piccolo borgo in provincia di Alessandria, figlio di piccoli proprietari terrieri di forte impronta risorgimentale (il padre era un convinto garibaldino e uno dei figli venne battezzato con il nome di Aventino, in omaggio alla Repubblica Romana del 1848), Pellizza ebbe una vita purtroppo breve: morì suicida, infatti, nel 1907, sconvolto dalla morte della moglie e del terzogenito appena nato, dalle incomprensioni intorno al suo lavoro e dall'eccessiva solitudine che il suo carattere gli aveva procurato. Eppure, nei vent'anni di attività artistica, pochi pittori furono come lui a contatto con le novità italiane e internazionali.

Allievo di Fattori, amico di Plinio Novellini e Telemaco Signorini, ammirato da Segantini e da letterati come Cena e Bistolfi, Pellizza studiò all'Accademia di San Luca frequentò l'Accademia di Francia a Villa Medici, studiò poi a Brera e all'Accademia Carrara.

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