Quella ragazzina di periferia persa dietro al suo «dio» folle

Così Martina Levato da Bollate, normale e piccolo borghese ha bruciato la sua vita con un uomo bello, ricco e maledetto

La storia di Alex e Martina come storia di disparità sociale, come parabola metropolitana dell'intruglio esplosivo che può crearsi quando le barriere di classe affiorano dentro un rapporto di coppia: e mettono a nudo come scogli le asprezze degli abissi economici. Adesso che il primo capitolo è chiuso con la condanna dei due lanciatori di acido a quattordici anni di carcere, nelle carte giudiziarie di questa fosca storia di amori e perversioni si può anche rintracciare un filo conduttore che affiora qua e là, e che getta sulla intera vicenda una luce nuova. Perché è ben vero che la sentenza letta ieri pomeriggio dal giudice Anna Introini punisce allo stesso identico modo lui e lei, Alex Boettcher e Martina Levato, ponendoli sullo stesso gradino del podio delle colpe. Ma è innegabile che tutto - gli sms a base di coprolalia e coprofagia; gli interrogatori davanti agli psicologi; persino il linguaggio dei corpi, nell'aula del processo per direttissima - racconta di una drammatica subalternità di lei a lui. Lui è del nord, anzi mezzo tedesco; lei invece è del sud, e abita nell'hinterland; lui è figlio di milionari, lei di piccola borghesia, coppia di insegnanti medi; lui è bello come un Adone, lei è bassa e sovrappeso («una cicciona pelosa», la liquida impietoso in un messaggio Pietro Barbini, che diverrà l'ultima vittima). Ed è inevitabile leggere la storia di Martina come una scalata disperata; i sacrifici, nobili, della famiglia per farla studiare bene, prima il Parini, poi la Bocconi; i sacrifici di lei per salire nella scala sociale anche con la love story improbabile con il fusto già sposato, conquistato e tenuto in pugno a costo di qualunque disponibilità sessuale.

Le cronache nere milanesi, a ben ricordare, si erano dovute occupare già anni fa di una storia d'amore dove la differenza di classe aveva avuto effetti terribili, sebbene di tutt'altro segno: quella tra Ruggero Jucker, anche lui rampollo dorato, e la giovane Alenia Bartolotto; lì la disparità sociale era divenuta elemento di dileggio, poi di disprezzo e infine di persecuzione di Ruggero verso Alenia, ed ebbe un ruolo chiave nel produrre la terribile conclusione della vicenda, con Jucker che uccise ferocemente la ragazza nel bell'appartamento di via Corridoni. É appena il caso di ricordare che per quell'omicidio Jucker se la cavò con tredici anni di carcere, un anno meno di quanto si vedano infliggere ieri Boettcher e la Levato per le lesioni a Barbini.

Non si può e non si trarne la morale che bisogna stare al proprio posto, senza cercare di salire in classi diverse dalla propria: anche se col senno di poi sarebbe facile dire che se Martina fosse rimasta a vivere a Bollate, senza per la testa i grilli del liceo bene e della università da teste d'uovo, tutto questo non sarebbe accaduto. Ma quanto le diverse storie da cui provengono condizionino il rapporto tra Alex e Martina, e lo spingano verso un crudele estremismo dei sentimenti e della pratica sessuale, è raccontato perfettamente dai messaggini che il pm Marcello Musso ha snocciolato in udienza, durante il processo a porte chiuse, in cui Martina racconta a Barbini, e quasi se ne vanta, della sua sudditanza verso Alex. «Il mio ragazzo mi tratta di merda e non mi dice mai che sono carina», si lamenta: ma poi racconta quasi con orgoglio di subire ogni sua richiesta.

Barbini non capisce la gravità della situazione, si fa coinvolgere da Martina, e così inizia la sua rovina. Perché nel frattempo Boettcher ha ripreso in mano le redini, ben deciso a fare valere la sua supremazia: Fino ad ordinare che venga scatenata la «saga di purificazione» a base di acido muriatico.

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