Beppe Sala e Carlo Calenda si abbracciano sul palco del teatro Franco Parenti dopo essersele gentilmente «suonate» per un'ora e mezza. Scintille al festival de Linkiesta dove si scambiano battute sarcastiche, dall'intesa con i 5 Stelle (soprattutto) al ddl Zan (il sindaco offre Milano ai partiti «per discutere e rilanciare la legge anti omofobia», il leader di Azione, che pure l'ha firmata, ribatte che la sinistra «non può parlare solo di diritti, la gente non capisce»). Sala si definisce un «radicale moderato», e en passant rivela di essere «d'accordo con i referendum dei Radicali sulla cannabis legale e sull'eutanasia», Calenda «a differenza di Sala» detesta «la parola moderato, mette una tristezza intellettuale». É un ping pong. Sala provoca Calenda: «Chi fa l'opposizione più dura a Roma», contro il neo sindaco Pd Gualtieri? «Tu, sento solo te. E fustighi il Pd un giorno sì e uno no».
Calenda risponde sarcastico che non sono attacchi ma «stimoli», il sindaco gli consiglia di «non eccedere con gli stimoli. E non cadiamo nella sintesi del noi siamo più intelligenti e gli altri tutti str..». Sponsorizza una nuova legge elettorale proporzionale «ma non la faranno prima del 2023, quindi per vincere bisogna superare il 40%». Per questo Sala insiste, come il segretario Pd Enrico Letta, sul campo largo con i 5 Stelle, dal piano nazionale a quello locale. Se il leader di Azione dichiara che il suo obiettivo è «schiacciare, cancellare i 5 Stelle mentre il Pd gli sta dando ossigeno», Sala gli consiglia di «mettere un po' il silenziatore sul tema».
E anche il Calenda duro e puro è pronto a turarsi il naso alle Regionali del 2023. «Un campo largo di centrosinistra alle prossime elezioni in Lombardia? Sì, credo di sì, i 5 Stelle qui devi andare a cercarli con la lente d' ingrandimento. Noi siamo aperti e dove loro non esistono più il problema non c'è. Quello che dico sempre è che devono esserci Italia Viva, il Pd, Bersani e Forza Italia». É convinto che Fi dopo l'elezione del Capo dello Stato «lascerà i populisti per unirsi all'area riformista ed europeista».
Sala ammette che nella regione roccaforte del centrodestra «è molto, molto difficile vincere. Nelle città è più facile, il lavoro duro e che richiede tanto tempo è andare nei territori. Se c'è una lezione dalla sconfitta inaspettata in quelle dimensioni del mio amico Giorgio Gori», il sindaco di Bergamo che venne stracciato da Attilio Fontana nel 2018 con 20 punti di vantaggio, «è che se continuiamo a rivolgerci solo ai nostri ci sono, ma non sono sufficienti. Bisogna trovare un o una candidata in grado di parlare ai più e che abbia tanto tempo a disposizione, è importante avere il nome 10 mesi prima del voto». E «elaborare una piattaforma di idee forti e attrattive, come la questione ambientale. Ai cittadini interessano più le idee che le alleanze tattiche».
Caccia a un profilo che strizzi l'occhio all'elettorato di centrodestra? Chissà perchè gli elettori lombardi dovrebbero accontentarsi di un clone invece di premiare (ancora) il buongoverno di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia.
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