La Regione sarà leghista ma lo spot è solo inglese

La Regione sarà leghista ma lo spot è solo inglese

Il cameriere (o forse un amante zelante?) si avvicina in smoking e papillon alla bella fanciulla accomodata su una poltroncina verde. Lei è seduta al centro della Galleria Vittorio Emanuele, con un abito nero, le scarpe eleganti e la borsa bene in vista. Lui ha un vassoio, le sta portando una flute di champagne o - almeno con l'immaginazione noi giochiamo in casa - un calice di bollicine lombarde, forse un Franciacorta, o un vino dell'Oltrepò pavese. I pavimenti del Salotto sono luccicanti come mai, riflettono persino le luci delle boutique. Assomiglia, ma non è, allo spot di una griffe o di uno spumante. «Design, fashion, food, culture. Only in Lombardia». É il poster istituzionale con cui la Regione ha lanciato a fine dicembre, a quasi un anno dall'evento, la campagna di promozione turistica per Expo. L'immagine viaggia su siti web, giornali, i manifesti istituzionali sono stati visti alla Bit e in qualche città. É la prima, ne arriveranno altre durante l'anno e saranno coinvolti anche dei testimonial ha raccontato l'agenzia di comunicazione Pomilio Blumm. Sull'operazione per promuovere il «marchio» Lombardia sono stati investiti 400mila euro. Ieri l'ex assessore comunale alla Cultura, il Pd Stefano Boeri, ha pubblicato su Twitter e su Facebook l'immagine e un giudizio tranchant: «Ho enormi dubbi che immagini come questa siano utili a raccontare Expo 2015, anzi credo che siano dannose per Milano». Ha innescato una serie di commenti velenosi da parte del popolo del web: chi si è chiesto cosa c'entri con il tema del 2015 - «nutrire il pianeta, energia per la vita» - chi l'ha trovata più adatta a uno spot per un lucido da pavimenti, chi ha rimarcato il punto su cui ci troviamo pienamente d'accordo: «Only in Lombardia è di un provincialismo inaccettabile».
L'assessore regionale al Commercio Alberto Cavalli ha spiegato che l'intenzione della campagna è far scoprire, appunto, «l'Only in Lombardia», le quattro eccellenze che qui convivono in un'unica regione, a volte nella stessa città o a pochi chilometri di strada (per cui varrà la pena dopo la fiera di Rho partire per una gita sul lago di Como o a Bergamo, Pavia). Il design, il fashion che noi preferiamo ancora chiamare moda, il food - cibo di qualità - «culture», ovviamente la cultura. Parole di lunghezza quasi identica in italiano e inglese. Soprassediamo forse sul design. Ma per una campagna che non è rivolta solo agli stranieri (sarebbe stato tradotto tutto il testo) ci domandiamo perché insistere sempre sugli inglesismi. Da parte di una Regione leghista poi, è quasi un paradosso. Neanche dal concorso per la mascotte è uscito un nome italiano, presenteremo al mondo che verrà ad Expo «Foody», un'occasione persa. Nell'immagine di lancio della campagna, il design è rappresentato dalla sedia, il fashion dall'eleganza della donna, la cultura è ovviamente nella scelta del luogo (la Galleria, tra Duomo e Scala), il «food» nella bottiglia. La replica della Regione a Boeri la rivolgiamo sportivamente anche a noi. Puntualizza che «la campagna «è on line su siti nazionali da dicembre 2013 da quella data e da allora ha ottenuto giudizi positivi da parte di molti interlocutori di settore.

La polemica sollevata oggi quindi appare quantomeno tardiva, e difficilmente motivabile. Chi può negare infatti che i beni culturali, la moda, il design e l'alta cucina siano la cifra dell'eccellenza lombarda?». Detti così, in italiano, proprio nessuno.

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