La riforma elettorale

Abolizione del listino bloccato, quello che consente di entrare in consiglio regionale su scelta dei partiti e senza dover andare a caccia dei voti. A prometterlo il governatore Roberto Formigoni dopo che un’analoga richiesta è stata fatta dal Partito democratico che proprio ieri ha presentato al Pirellone una proposta di riforma della legge elettorale regionale.
«La mia posizione - ha spiegato ieri Formigoni - è per il mantenimento del premio di maggioranza che serve per la governabilità». Ma per l’individuazione dei sedici componenti legati al nome del presidente, auspica che la scelta non avvenga più «attraverso un “listino”, ma con il voto di preferenza, quindi attraverso il recupero dei primi sedici non eletti». Basta corsie preferenziali, dunque, anche se da giorni il presidente va ripetendo che la sua è una convinzione maturata da tempo e non certo legata alle polemiche di questi giorni sul seggio assegnato a Nicole Minetti, la consigliera regionale finita nelle intercettazioni del caso Ruby. La volontà, invece, di affidare alla volontà popolare anche quelle caselle oggi diventate riserva di caccia delle segreterie dei partiti. Una modifica urgente secondo Formigoni che assicura una riforma già «in questa legislatura, perché programma di governo della nostra coalizione Pdl-Lega». Sulla necessità di modifiche statutarie proposte dal Pd come l’abolizione della figura dei sottosegretari («figure inutili»), il presidente della Regione replica che «si dimenticano di aver votato anche loro uno Statuto che stabilisce il numero di consiglieri e di sottosegretari».
Per il resto, oltre all’abolizione del listino bloccato e l’elezione di tutti i consiglieri attraverso le preferenze, la proposta del Pd prevede il limite di due mandati per il presidente della Regione, un premio di governabilità fissato non più al 60 ma al 55 per cento, l’elezione di ogni consigliere attraverso le preferenze su base provinciale e l’introduzione della doppia preferenza uomo-donna per tutelare le presenze femminili in consiglio come già fatto in via sperimentale in Campania. E poi la garanzia dell’elezione di almeno un consigliere per ogni provincia. Il provvedimento «è una sfida alla maggioranza» sostiene il segretario del Pd Lombardia, Maurizio Martina, «la legge elettorale lombarda va cambiata perché abbiamo visto quali guasti produca». A cominciare dall’abolizione del listino che per Martina «è solo un corridoio in cui si aggiustano le dinamiche interne dei partiti». Martina chiede anche di fissare una volta per tutte il limite di due mandati per il presidente della Regione. È una disposizione nazionale che la Lombardia non ha ancora recepito. Ma è venuto il momento di farlo». E poi di abolire l’ineleggibilità dei sindaci dei comuni sotto i 5mila abitanti «perché potrebbero essere preziosi rappresentanti delle realtà più periferiche».

Per il capogruppo del Pdl in Regione Paolo Valentini, «il Pd si sta agitando così tanto sulla legge elettorale, ma dovrebbe ricordare che il Pdl nella primavera del 2010 aveva fatto una proposta organica di riformulazione della legge con la riduzione del listino e la ridistribuzione dei seggi a livello proporzionale. Sarebbe bastato approvare quella legge quando ne venne proposta la discussione».

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