Riscoperta in Corea La carriera "infinita" di una diva della Scala

Il soprano Maliponte, una vita da romanzo Gli asiatici le dedicano una gara mondiale

Riscoperta in Corea La carriera "infinita" di una diva della Scala

Ha calcato le scene nazionali e internazionali dell'opera, accanto a grandi colleghi del bel canto. Poi la vita e gli improvvisi impegni familiari, questo a volte un «freno» per i suoi viaggi, con le conseguenze del caso. Anni e anni dopo qualcuno si è ricordato di lei a tal punto da farle intitolare perfino un concorso internazionale di canto - appena finito e già si pensa alla seconda edizione - per il quale si è ritrovata nel ruolo di presidente. Quel qualcuno, si dirà: quanto meno italiano? Invece no, un personaggio straniero, precisamente un cantante coreano. Questa è la storia - per certi versi italianissima - di Adriana Maliponte, classe 1938, una «leonessa» della lirica italiana, bresciana di nascita, milanese d'adozione (attualmente vive ancora in città). In estrema sintesi, una star nostrana «riscoperta» oltreconfine. Una dinamica che ben riassume in poche parole proprio lei, al telefono: «Spesso sono proprio gli stranieri a dire toh, guarda chi hai in casa...». Il suo vissuto è come un romanzo da sfogliare.

«Ho cominciato a cantare che avevo soltanto tredici anni - racconta la Diva - Ero una bambina prodigio, con la famiglia mi sono trasferita in Francia che ero adolescente, ho studiato parecchi anni, anche con la maestra della grande Renata Tebaldi». Fino al giorno in cui è diventata un soprano lirico «pieno», come tiene a puntualizzare. «Che cosa ho cantato più volentieri? - Beh, molte cose tra le quali le opere pucciniane, solo per fare un esempio». Non è difficile reperire il suo profilo, un curriculum da divina. Successi mietuti un po' ovunque, in Italia e all'estero, al Teatro alla Scala come al Metropolitan di New York, al fianco pure di Luciano Pavarotti. «Tra i miei ricordi - aggiunge - c'è quello dell'incontro con il compositore Gian Carlo Menotti che mi volle per la sua opera L'ultimo selvaggio». Grandi applausi nei teatri, grandi titoli sui giornali, fiori e viaggi da un capo all'altro del mondo. Poi, a metà degli anni Novanta, problemi familiari, problemi a viaggiare. Ancora, gli onori e la stima al Conservatorio di Como, dove è stata docente di canto. Come si dice: The show must go on.

Salto nel tempo fino ai giorni nostri: qualcuno dall'Oriente a un certo punto si fa vivo, un certo Sung Hwa Hong, giovane studente di canto lirico, voce di basso, che da chissà quando tempo da Seul - la sua città in Corea del Sud - seguiva online la storia, i concerti, i recital della diva Adriana. «Il giovane, che in Italia chiamiamo Alessandro, e altri ancora con lui, coreani e italiani, si sono dati da fare per mettere in piedi il concorso a me intitolato - spiega la cantante - poi mi hanno proposto il ruolo di presidente». Detto e fatto: la gara internazionale è stata fatta a giugno, a Milano, organizzata dall'Associazione artistico culturale italiana «International Vocal Training Coaching»; nella giuria oltre a Hong (presidente dell'ente), anche personaggi come Ilario Nicotra (docente alla Civica «Claudio Abbado» di Milano), Matteo Beltrami (direttore d'orchestra e musicale al teatro Coccia di Novara) e Renato Bonajuto (regista e casting manager della Fondazione Teatro Coccia).

«Una star ricordata dagli stranieri? - fa eco il professor Renato Tomasino, studioso e autore di «Le divine», un volume dedicato proprio alla storia e ai personaggi al femminile del bel canto - Ormai non mi sorprende più di tanto, perché in Italia, al di là degli sforzi fatti dagli enti

lirici, c'è una disattenzione estrema a questi aspetti della cultura; qui non hanno ancora capito di avere in casa un tesoro enorme da valorizzare in tutto il mondo, un tesoro che invece viene regolarmente sprecato, disperso».

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