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Rogo al palazzo dei disperati «Fu una spedizione punitiva»

Incendio di via Adriano, indagati dieci residenti della zona Il racconto alla Digos: esasperati da delinquenza e degrado

Cristina Bassi

Alla Digos hanno raccontato, per giustificarsi, l'esasperazione di un intero quartiere per quel dormitorio abusivo che in mezzo ai senzatetto dà rifugio a molti clandestini e criminali. Per il degrado e gli episodi di delinquenza e vandalismo che sono aumentati da quando nel palazzo abbandonato di via Adriano all'angolo con via Mulas abitano, in condizioni al limite del disumano, decine di persone. Ora dieci residenti della zona sono indagati per incendio doloso e utilizzo di «artifizi esplodenti». Sono accusati di aver appiccato le fiamme lo scorso 4 settembre in diversi piani dello stabile con l'intento di compiere una «spedizione punitiva».

La decisione sarebbe maturata al bar, con il passaparola. Il gruppo non sarebbe stato organizzato, ma nato il giorno stesso tra vicini che si conoscevano di vista. Gli uomini individuati sono tutti incensurati, nove italiani e un sudamericano. Tra loro ci sono due baristi, un tassista, un impiegato, un fruttivendolo, un operaio, un camionista, un disoccupato e anche un finanziere. Non c'era solo la difficile convivenza con gli occupanti del palazzo lasciato a metà dei costruttori che sono falliti. E dove all'inizio di agosto una ragazza italiana è stata stuprata dall'ex, un marocchino irregolare con numerosi precedenti poi arrestato dai carabinieri. A far esplodere la rabbia sarebbe stato lo scippo ai danni della moglie di uno degli indagati da parte di due extracomunitari che poi si sarebbero rifugiati nello stabile. Il fatto sarebbe avvenuto qualche giorno prima della «spedizione», anche se non è stato denunciato. «Mi hanno scassinato il furgone più di una volta», ha spiegato un altro dei residenti coinvolti.

Il giorno dell'incendio nel rifugio improvvisato erano stati trovati petardi, alcuni esplosi, e taniche di benzina. Diversi cittadini avevano telefonato alle forze dell'ordine e le telecamere del Comune avevano ripreso un gruppo di persone che in pieno giorno, erano circa le 17.30, era entrato con la benzina. In quel momento l'edificio era deserto. Il fuoco è stato appiccato in due dei sette piani, per distruggere i vestiti, i materassi di fortuna e altri effetti personali degli abitanti. Le indagini hanno portato alle prime sei persone e le loro case sono state perquisite. La Digos ha trovato gli abiti utilizzati nel blitz. Gli altri quattro presunti autori sono stati identificati grazie alle ammissioni e alle indicazioni dei complici.

«L'impressione - spiega il dirigente della Digos Claudio Ciccimarra - è che gli indagati volessero fare solo un gesto dimostrativo, senza fare male a nessuno. Questo perché sono andati nello stabile alle 17.30, orario in cui era presumibile che non ci fosse nessuno. E perché hanno esploso alcuni petardi, il cui rumore avrebbe eventualmente messo in fuga gli abusivi». Dare fuoco ai giacigli sembra essere stato un modo per evitare che i clandestini tornassero per la notte. L'ipotesi di reato formulata dal pm Gianluca Prisco, quella di incendio doloso, prevede una pena dai tre ai sette anni di carcere.

La Procura comunque aspetta il deposito della relazione dei vigili del fuoco sull'esatta dinamica del rogo e non è escluso che possa derubricare l'accusa a danneggiamento aggravato. La motivazione del gesto, secondo gli inquirenti, non sarebbe di tipo razzista. Questo elemento infatti non è incluso nei reati contestati.

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