Una scenografia che squarcia le pareti e mostra contemporaneamente gli interni di vari appartamenti a New York e di un bar. Una scena quindi aperta, che lascerebbe poca intimità ai protagonisti, i quali, eppure, non si smascherano mai e riescono a trovare di volta in volta nuove zone d'ombra in cui nascondere le proprie «paturnie», per dirla con la protagonista Holly Golightly, interpretata da una caparbia e al tempo stesso apparentemente fragile Francesca Inaudi (Siena, 1977, che il grande pubblico conosce per «Distretto di Polizia», su Canale5, nel 2006 e 2007). La storia è quella di Colazione da Tiffany in scena da ieri sera fino al 17 marzo al Teatro Manzoni per la regia di Piero Maccarinelli e con Lorenzo Lavia nel ruolo di William Parson, lo scrittore innamorato di Holly. Arriva quindi a Milano, dopo la tournèe partita l'anno scorso e che ha già toccato quasi una ventina città italiane da Trento a Mestre passando per Genova, Treviso e Prato, lo spettacolo tratto dal romanzo di Truman Capote e riscritto da Samuel Adamson nell'unico adattamento teatrale sinora mai concesso. Un cast di attori anche giovani e tutti con una buona formazione (dalla Inaudi, Flavio Bonacci, Anna Zapparoli che vengono dalla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, Edoardo Ribatto dalla Paolo Grassi, Pietro Masotti e Ippolita Baldini dalla Silvio d'Amico, Riccado Floris dalla Scuola di Cinema di Roma o Biagio Forestieri dalla Scuola dello Stabile di Genova). Il lavoro di Maccarinelli si distanzia volutamente dalla celebre versione cinematografica del 1961 con la regia di Blake Edwards, in cui Holly era interpretata da Audrey Hepburn, «e anche il mio personaggio non è minimamente vicino a quello dell'attrice belga- precisa la Inaudi-. Neanche ho voluto vedere il film, non volevo assorbire richiami o esserne influenzata». Perché «il cinema e il teatro sono due linguaggi diversi -dice il regista-. Bisogna dimenticarsi completamente del film».
Già sta facendo parlare di sé il nudo integrale della Inaudi in scena, che a teatro sarà più che mai autentico, ma non è certo solo questo il punto di nuovo interesse verso la rilettura di Maccarinelli.
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