«Raffaele Rullo è il classico figlio cui la madre concede tutto. Lui e Antonietta Biancaniello hanno commesso delitti atroci e meritano l'ergastolo»: gira tutta intorno al rapporto madre-figlio la terribile vicenda della morte di Andrea La Rosa. E al patto diabolico e indissolubile tra i due imputati per cui ieri il procuratore aggiunto Eugenio Fusco ha chiesto la pena del carcere a vita (con isolamento diurno di 12 mesi per Rullo e 10 per Biancaniello).
«È la prima volta che incontro una tale pervicacia - ha detto Fusco riferito a Rullo in coda alla requisitoria del pm Maura Ripamonti -. L'imputato ha sempre negato ogni addebito, scaricando tutto sulle spalle della madre». I due sono, come sempre, in aula. Antonietta Biancaniello, che ha ammesso l'omicidio cercando di scagionale Raffaele, alla parola «ergastolo» scoppia in lacrime. Il figlio resta impassibile. Ci sono anche molti parenti di La Rosa, che aveva 35 anni ed era direttore sportivo del Brugherio calcio. La mamma esce nei momenti in cui la ricostruzione del delitto diventa più cruda. Il movente, per Fusco: «L'imputato si era costruito una second life fatta di social e belle ragazze. Difficile da mantenere con il solo stipendio».
L'antefatto è il tentato omicidio di Valentina Angotti, la moglie di Rullo, di cui gli imputati pure rispondono. Il 5 ottobre 2017 avrebbero simulato un suicidio, non riuscito, per incassare 250mila euro di una assicurazione sulla vita. «Se Valentina fosse morta - dice Ripamonti -, probabilmente La Rosa sarebbe vivo. Ma la polizza esiste perché Rullo decide di uccidere la moglie, non il contrario. Tale era la crisi coniugale in atto, con liti furiose scatenate dalle spese fatte da Rullo per le amanti. Anche quel giorno fa tutto Antonietta, su indicazione e progettazione del figlio, che se ne va e non si sporca le mani». Un «modello» ripetuto la sera del 14 novembre. Per i pm, fu Rullo a procurarsi il bidone «IP» in cui La Rosa è morto asfissiato e l'acido che doveva dissolvere il cadavere, arrivato in due tranche. Comprò anche una sega elettrica, poi restituita a Leroy Merlin perché non era stato necessario usarla. La Rosa ha appuntamento in via Cogne, ha con sé 8-9mila euro nascosti nel calzino. Non sono mai stati ritrovati. In passato ne ha già prestati 30mila a Rullo. Quest'ultimo lo attira a sé: «Grande amico mio - gli scrive in chat -. Poi parliamo anche di Estella... (la ragazza con cui la vittima aveva una relazione tormentata, ndr)». Rullo dà da bere al 35enne una bibita in cui ha sciolto due sedativi. Poi chiama nei box la madre, sua «complice naturale». Andrea La Rosa viene ucciso nella cantina 29, non chiusa a chiave e di fronte a quella dei Rullo. Ha un taglio alla gola, non abbastanza profondo da ucciderlo. Morirà, appunto, nel bidone respirando i fumi dell'acido.
Nel sopralluogo i carabinieri rileveranno con il luminol tracce di sangue, che risulta della vittima, e troveranno alle pareti lo scotch usato per fissare i teli protettivi anti-schizzi. Il corpo sarà ritrovato un mese dopo nell'auto di Antonietta Biancaniello, ancora una volta mandata avanti dal figlio. In carcere alla nuora la donna assicurerà: «Tranquilla, come ogni volta te lo tirerò fuori...».
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