Emergono due dati importanti, e inquietanti, alla fine dei settanta minuti di seduta congiunta delle commissioni Antimafia di Comune e Regione su Expo. Il primo: Infrasit, l'azienda poi finita in un'inchiesta della Dda di Reggio Calabria per presunte infiltrazioni di 'ndrangheta in appalti dell'Esposizione, era regolarmente (si fa per dire) inserita nella piattaforma istituita per censire le società appaltatrici. Era cioè autorizzata a lavorare su quattro subappalti della Piastra e a realizzare i padiglioni di Ecuador e Cina. Il secondo: Dominus, il consorzio che per la Dda milanese era amministrato da personaggi vicini a Cosa nostra, non compariva invece tra le aziende autorizzate e nessun badge di accesso era stato rilasciato a suoi operai. Nonostante questo ha eseguito lavori, incaricata dall'appaltatore Nolostand (controllata di Fiera Milano).
La sintesi: la rete di protezione contro gli appetiti della mafia sull'Esposizione ha avuto alcune falle, qualcosa non ha funzionato. Significa che, secondo Giuseppe Sala che ieri riferiva in Commissione a Palazzo Marino, «sono stati fatti errori, ma abbiamo imparato molto per il futuro». Oppure che, come ha sottolineato il capogruppo di Milano in Comune Basilio Rizzo, «oltre a questi due casi se ne possono essere verificati altri non ancora emersi».
La seduta con il sindaco arriva a quasi quattro mesi dall'istanza di sette consiglieri dopo le inchieste della magistratura sugli inquinamenti mafiosi in Expo. Il nodo della questione viene al pettine grazie ad alcune frasi riferite dallo stesso Sala, alla relazione di Alessandro Molaioni, direttore dei lavori di Dismantling (smontaggio) nel sito e alle domande di Rizzo. Sia il sindaco sia il tecnico ammettono i due casi controversi. Pur ribadendo la validità del «Protocollo legalità» che prevedeva le verifiche anti mafia estesi a ditte, maestranze e mezzi, con il controllo di tutti gli accessi al sito. Sono state quasi 10mila le società monitorate, con 60mila badge rilasciati e 2.800 pratiche inviate al prefetto. «Dopo le nostre segnalazioni - spiega Sala - la Prefettura aveva 45 giorni per verificare i prerequisiti di un'azienda e per interdirla se necessario. Spesso però non ce la faceva a fare i controlli nei tempi previsti a causa del carico eccezionale di lavoro. Non è un'accusa alla Prefettura. Cerchiamo solo di capire dove la procedura può essere migliorata, anche in vista della gestione di Arexpo». Il sindaco non risponde invece sui fondi Expo per Palazzo di giustizia assegnati senza gara: «Non è all'ordine del giorno e l'Anac si è mossa ieri, non ho avuto il tempo di documentarmi». Per Expo la Prefettura ha controllato (al 31 dicembre 2016) 789 aziende e ha emesso 106 informative interdittive anti mafia. «Facciamo molto per contrastare gli interessi mafiosi - ha ribadito Sala -, dalla costituzione di parte civile nei processi penali, ai protocolli legalità che vanno al di là delle prescrizioni di legge, ai patti di integrità sottoposti a chi partecipa ai bandi del Comune». Le opposizioni sono uscite insoddisfatte dalla seduta.
I consiglieri del M5S hanno lasciato l'aula per protesta, mentre il capogruppo di FI Gianluca Comazzi attacca: «La Commissione non lavora più in modo sereno e il presidente Gentili non è garante neutrale. Mi è stato impedito di concludere il mio intervento». E Massimiliano Bastoni (Lega): «Sala è stato elusivo. Chiederò una nuova convocazione della Commissione sullo stesso argomento».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.