Cronaca locale

Per Sala un "risultato storico". Ma lo è pure la fuga dai seggi

Il sindaco fa il bis ma ha vinto anche l'astensionismo. Attacca Salvini e promette la giunta entro 7 giorni

Per Sala un "risultato storico". Ma lo è pure la fuga dai seggi

«È un risultato storico, dal 1993 il centrosinistra non ha mai vinto al primo turno» è una delle prime rivendicazioni di Beppe Sala che si conferma sindaco con il 57% dei voti contro il 32% dello storica del centrodestra Luca Bernardo. Storica è stata anche la fuga dai seggi, mai si era registrata un'affluenza così bassa alle Comunali. Già nella prima giornata di voto la sensazione era pessima, alle 23 il dato era al 37% e ieri alle 15 è salito solo al 47,69%. Più di un milanese su due è rimasto a casa. Il dato peggiore nel Municipio 1 con il 44,5%, il migliore nel Municipio 3 (con il 50,85%) seguito da zona 2 (con il 48,53%) e zona 4 (con l 48,28%). Già nel 2016 la partecipazione al primo turno era stata tiepida, si chiuse con il 54,67% degli elettori alle urne, questa volta addirittura sette punti in meno. Circa 490mila elettori in tutto. Le prime proiezioni danno Sala in netto vantaggio. Il sindaco è a Palazzo Marino con la compagna Chiara Bazoli e l'entourage dei fedelissimi (lo spin doctor Marco Pogliani, il portavoce Stefano Gallizzi, il dg Christian Malangone) quando alla tv lo danno venti punti avanti a Bernardo. Esulta con moderazione, memore dell'esperienza di cinque anni prima quando con le ore la situazione si ribaltò e arrivò al ballottaggio contro Stefano Parisi con un vantaggio di 5mila schede. Questa volta dopo un paio di ore la situazione sembra granitica e si trasferisce nella sede del comitato elettorale all'Isola, all'interno del locale «Frida». Lo spoglio delle schede reali va al ralenty, aspetta che salga un minimo e alle 18.30 esce a dichiarare la propria vittoria. La considera «una lezione di politica importante, nei modi e nella sostanza». É «la rivincita dei toni moderati, ho scelto di fare una campagna non urlata e senza comizi - dice -. Matteo Salvini è il principale responsabile del risultato del centrodestra. Diceva che sarei andato a casa, che avrei preso un Maalox e che avrebbe stravinto, dimostrando di non conoscere i milanesi». Pochini hanno votato, se lo dice da solo. Ma «alla fine l'astensionismo non c'è stato dalla mia parte - afferma -, ho preso i voti di 5 anni fa e ne ho recuperati almeno 40/50mila nuovi», probabilmente, dice, dall'elettorato di centrodestra a cui aveva chiesto di fare voto disgiunto «e ho fatto bene». La destra, dice, «è forte forte finché non la guardi da vicino e scopri le sue debolezze». Attacca ancora Salvini e sostiene che «c'è una parte della Lega con cui il dialogo è più semplice, Giorgetti, Zaia o Fedriga hanno un modo di fare politica e di confrontarsi diverso, è più facile collaborare». In un Paese che ha tanti problemi non è più accettabile avere dei politici che continuamente ricorrono all'insulto, alla fake news».

Al «Frida» ci sono la vice Anna Scavuzzo, l'eurodeputato Pd Pierfrancesco Majorino, suo ex assessore, e l'assessore e capolista del Pd Pierfrancesco Maran che dopo Milano pensano di poter espugnare la Regione, tutta un'altra storia. Sala precisa che «non è semplice» ma «sono pronto a dare un amano purchè si scelga il o la candidata un anno prima, dovrà girare la Lombardia, a caccia dei voti degli altri». Intanto, il suo slogan era «testa bassa e lavorare» e vuole formare la nuova giunta «entro una settimana, partiremo lanciatissimi. Il vice sarà donna e la compagine sarà più o meno equilibrata. Dovrò vedere anche le preferenze prese da quanti ambiscono a fare l'assessore». Le priorità del mandato bis: «Mettere a terra i fondi del Pnrr e prepararci alle Olimpiadi». Promette di essere «più coraggioso specie sul tema della transizione ambientale», e qui la mente va al rischio di nuove piste ciclabili diffuse e di essere «il sindaco di tutti».

Dedica la vittoria alla mamma scomparsa un anno fa e andando via, in milanese, ammette di essere «cuntent».

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