(...) Ma il punto è che Milano è la locomotiva d'Italia, deve trovare una sua indipendenza, il governo deve sostenerla, non dare quattro aiutini, cose calate dall'alto. Si erano addirittura scordati del post Expo nella Finanziaria».
I Patti fra governo e Comune non le piacciono.
«Con i patti si mettono sul tavolo dei processi. Quando ero a Palazzo Marino con Albertini, c'era un disegno di Milano su Milano. Venne Prodi, si realizzò e oggi si vede. La sudditanza è invece il limite di questa giunta. Nel patto Sala-Renzi c'è una ricognizione di risorse note e una promessa di risorse che dubito si possano trovare».
Ha annunciato che vuol fare un tagliando a Sala. Che significa?
«Un metodo, intanto: ascoltare la città. Lo inviteremo a parlare, non è un'azione ostile ma di sano dialogo. Io non ho l'obiettivo che Sala fallisca ma la giunta deve essere pressata. Sala aveva un'agenda preparata dalla sinistra. Si è dimostrata non all'altezza e ora usa la nostra su tutti i temi. Mi fa piacere, non sono arrabbiato, ma chi ha votato per lui è un quarto della città. Un po' di umiltà sarebbe importante».
Cosa dovrebbe fare?
«Sugli Scali ferroviari abbiamo lavorato per arricchire la delibera, introducendo la circle line e il dibattuto pubblico. E loro lo traducono in tre giorni di convegno, una roba elitaria di archistar possibilmente di sinistra che vengono a raccontare come la vedono. Ma il dibattito è ascolto strutturato, zona per zona, è sentire il buon senso, le associazioni di commercianti, come il débat public in Francia: c'è un'opera? Si ascolta la società in modo organizzato, non è una presa in giro. Chiudersi e ascoltare solo partiti e lobby un grosso errore».
Dipende da riflessi elitari o da più corposi interessi?
«Entrambe le cose. C'è un elettorato elitario cui Sala risponde. Immagino che sarà chiaro che dietro ci sono anche interessi specifici che hanno guidato la giunta».
Che voto dà a Sala?
«Abbastanza negativo. Tre motivi. Primo non ha più un'agenda. Secondo è troppo dipendente da Roma. Terzo non vedo visione, non vedo il sogno. Come sarà Milano fra 5 anni? Piena di cantieri mal gestiti, senza scelte innovative nell'urbanistica e nella mobilità. E i grandi blocchi della burocrazia non sono toccati. Temo che rimarremo delusi».
Il suo rapporto col centrodestra milanese? Può essere danneggiato dalla sua iniziativa nazionale?
«No, va molto bene, non c'è questo rischio. I consiglieri sono bravi, molto attivi. Siamo sempre d'accordo sostanzialmente, nei fatti. Quando si esce dalle alchimie è così».
Il referendum? Come vede la vittoria dei sì a Milano?
«Intanto vedo in modo critico il fatto che Sala si sia intestato la vittoria, poi c'erano 5 ex sindaci per il Sì. Insomma, potevano fare di più, considerato lo schieramento con Assolombarda, l'industria e l'establishment. Non è una gran vittoria. Rispecchia il risultato delle Comunali. Unica differenza è che ha votato il 20% in più».
Qualche rammarico per non aver portato più cittadini a votare a giugno? Cosa pensa?
«Forse che non bisogna più votare d'estate e poi che non è vero che le persone non sono più interessate. Noi abbiamo fatto un lavoro intenso da febbraio a giugno. Il lavoro per riportare le persone a votare è più lungo e complesso».
Milano come prenderebbe un possibile governo del Movimento 5 Stelle?
«È il rischio che corriamo oggi in Italia con questo governo. Voteranno 5 Stelle a meno che il centrodestra non riesca a recuperare, anche con autocritica e cambiamento del gruppo dirigente. Milano mal sopporterebbe un governo dei 5 Stelle, ma sarebbe una iattura per tutti avere quel livello di ignoranza politica e vuotezza di programmi».
Si avvicinano le Regionali, oltre alle Politiche. Energie per l'Italia ci sarà? Come vede un centrodestra che si presenta confermato con il governatore Roberto Maroni?
«Certo che ci saremo. Energie per l'Italia sta crescendo, è una comunità aperta e ci sarà con forze fresche.
È giusto dare continuità a questa giunta. Noi lo faremo rafforzandone il carattere liberale e popolare, quello che vuole meno tasse, meno spesa e meno burocrazia. L'equilibrio fra pubblico e privato deve tornare a prevalere».Alberto Giannoni
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