"Scala, amianto nel sipario e in sala"

Processo per nove addetti morti. I Comitati denunciano: "Lavoratori e pubblico a rischio fino al 1992"

"Scala, amianto nel sipario e in sala"

Era la «pattona» l'oggetto più micidiale montato alla Scala negli anni in cui non venivano prese le dovute precauzioni anti amianto. Un dossier presentato dalle associazioni e dai familiari delle vittime descrive questa «mole di lamiera di 17 per 12 metri foderata di stoffe in amianto, posizionata tra il palcoscenico e la sala» che «a ogni suo movimento rilasciava le fibre di amianto che si disperdevano in sala e in buca all'orchestra». Si tratta di una sorta di «sipario termo acustico» usato dal teatro fino al 1992, giudicato dagli esperti citati nel report «l'oggetto con maggior concentramento di fibra» assassina.

Lo studio, promosso dal Comitato ambiente e salute teatro alla Scala, è stato presentato a margine del processo in corso davanti alla Nona sezione penale a carico di cinque ex dirigenti del Piermarini, tra cui l'ex sovrintendente Carlo Fontana, accusati di omicidio colposo per la morte di nove lavoratori tra cui un macchinista, una cantante lirica e un siparista. Lavoratori e artisti che sarebbero stati esposti alla sostanza killer a partire degli anni Settanta-Ottanta. Nel procedimento, nel novembre del 2016, erano stati prosciolti in udienza preliminare quattro ex sindaci di Milano: Carlo Tognoli, Paolo Pillitteri, Giampiero Borghini e Marco Formentini. La pattona, si spiega ancora, «è crollata durante una prova di scena nel 1992 ed è stata dismessa in modo grezzo con forbicioni e flessibili, senza misure di prevenzione per i lavoratori». L'amianto comunque, secondo i comitati, sarebbe stato dappertutto nel teatro. Ad esempio sul palco, nelle sale delle prove del coro, nelle coperte che venivano usate in sala per evitare il rischio di incendio del legno e delle stoffe decorative, nei condotti di aspirazione e ventilazione del palcoscenico e «attraverso rivestimenti d'amianto arrivava l'aria condizionata anche al palco reale». Ieri al processo ha deposto uno degli esperti di parte civile, Enzo Merler, già direttore del Registro mesoteliomi della Regione Veneto, epidemiologo e tra i massimi studiosi delle patologie causate dall'amianto.

Sottolineano inoltre le associazioni che gli «interventi di bonifica» sono stati «ottenuti non per obbligo di legge e per prevenzione, ma per le denunce dei lavoratori, gli unici che hanno posto la necessità di porre rimedio all'inalazione di fibre di amianto da parte degli ignari spettatori del Teatro alla Scala». In una delle scorse udienze, è stato inoltre spiegato, «l'unico lavoratore ancora in vita tra i colpiti dalle gravi malattie asbesto-correlate ha confermato l'assenza di informazioni sui rischi per la salute, la mancanza di dispositivi di protezione, condizioni di lavoro non rispettose delle norme di sicurezza». I parenti delle vittime ricordano che quello dell'amianto è «un problema ancora aperto, soprattutto a Milano», dove «centinaia di lavoratori sono deceduti» a causa della fibra killer inalata nei luoghi d'impiego.

Nei vari procedimenti penali intentati finora al Tribunale di Milano negli ultimi anni sono però sempre arrivate assoluzioni per gli ex manager delle aziende, portati a processo nelle complesse inchieste condotte dal pm Maurizio Ascione con l'accusa di aver sottovalutato o ignorato i rischi dell'amianto per operai e impiegati.

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