Marta Bravi
Un bilancio poco trasparente, discutibile in alcune voci e col sospetto che non vi siano le dovute coperture per altre. Questi i motivi che hanno spinto la Regione Lombardia a votare contro il bilancio preventivo 2017 del Teatro alla Scala. Il bilancio è stato comunque approvato dall'assemblea dei soci fondatori, ma Palazzo Lombardia - che è socio fondatore - ha voluto dare un segnale «istituzionale» forte.
«Non è la prima volta che esprimiamo la nostra forte perplessità sul metodo solipsistico con cui il sovrintendente Pereira lavora» spiega l'assessore alla Cultura della Regione Cristina Cappellini. In pratica «veniamo sempre messi davanti ai fatti compiuti - polemizza Cappellini - mentre il nuovo statuto della Scala prevede un impegno diretto dei soci». Non è la prima volta che la Regione esprime un voto contrario: lo aveva già fatto con il preventivo 2015 e lo scorso maggio bocciando la stagione 2016/17. La nomina del sovrintendente Alexander Pereira fin dall'inizio non è stata accolta con entusiasmo dalla Lega, alla guida la Regione, che avrebbe preferito un italiano.
A preoccupare l'assemblea - la Regione non sarebbe l'unica ad aver espresso delle perplessità - la questione economica: presentando i conti il sovrintendente avrebbe garantito il pareggio di bilancio grazie agli sponsor. «Anche quest'anno siamo riusciti a dare il sostegno pubblico - spiega ancora Cappellini - ma con questi chiari di luna nel governo e la crisi non è così scontato che il contributo pubblico sia garantito anche l'anno prossimo». Si parla di 31,6 milioni di euro l'anno del Ministero per i Beni culturali, 2,9 dalla Regione e 6,4 del Comune. Non proprio briciole.
Nel mirino i costi lievitati della produzione, a fronte dei quali «non c'è margine di sicurezza per i ricavi». L'ex sovrintendente del festival di Salisburgo, e ancora prima dell'Opera di Zurigo avrebbe, infatti, acquistato anche per questa stagione tre opere, il Don Carlo e Falstaff da Salisburgo, quando in teatro c'erano produzioni recenti. «Una follia» si mormora acquistare opere che si hanno in teatro, dovendo pagare anche i costi aggiuntivi per il trasporto, il noleggio e l'adattamento scenico per un palcoscenico completamente diverso. E dire che non è la prima volta che accade: da sovrintendente in pectore l'ex manager Olivetti era finito nella bufera perché da sovrintendente del festival di Salisburgo aveva venduto 7 opere al Teatro alla Scala, che si preparava a dirigere.
Secondo i soci ci sarebbero anche altre voci che non quadrano: come il calo degli abbonamenti e delle presenze in sala a fronte anche dell'aumento dei costi della produzione e
della quota dei biglietti omaggio, che sarebbe arrivato al 15% del totale. La Scala si trincera dietro un «no comment», ma la questione verrà discussa venerdì dal consiglio di amministrazione, che si preannuncia bollente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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