Scala in sciopero E mezzo Pd scarica la Cgil

«Lo sciopero che ha colpito il Teatro alla Scala pieno di spettatori paganti è quanto di più lontano Milano abbia bisogno in questo momento. Io non sto con chi vuole questa Milano». Il primo a contestare lo sciopero della Cgil che due sere fa ha bloccato la prima del balletto «L'histoire de Manon» con Roberto Bolle alla Scala (con tanto di scuse del sovrintendente Alexander Pereira, che ha accolto il pubblico nel foyer e poi è salito desolato sul palco) è stato ieri il vicepresidente Pd del consiglio comunale, Andrea Fanzago. Critiche da sinistra non erano scontate. Anche il segretario metropolitano dei Democratici Pietro Bussolati ha ammesso che «certi irrigidimenti di posizioni rischiano di danneggiare gli stessi lavoratori». Peraltro, è il ragionamento, la sciopero è scattato sulla trattativa, ancora aperta, per l'assunzione di dieci tecnici di palcoscenico. Non era in gioco (per dire) una rinegoziazione dei livelli salariali, questione su cui al punto di rottura i sindacati fanno scattare manifestazioni eclatanti, trovare anche solidarietà o almeno comprensione da parte del pubblico. «Non possono essere i cittadini a pagare il conto dei conflitti sindacali» afferma il senatore Pd Andrea Marcucci, presidente della commissione Cultura di Palazzo Madama, «annullare una prima, soprattutto quando si svolge alla Scala, è sempre un danno di immagine per la cultura del Paese, ma anche economico per tutti quegli spettatori che vengono a Milano da altre parti d'Italia». E ieri c'è stata la fila al botteghino per ritirare il rimborso del biglietto.

La Scala rimborserà ovviamente anche chi è di fuori Milano e non pu presentarsi fisicamente in teatro. E Pereira si è impegnato ad invitare gli spettatoti - come risarcimento per il disagio, oltre al rimborso - alla prova di uno dei prossimi balletti in calendario.

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