Scala, verso il «decreto Primo maggio»

Un provvedimento straordinario del governo per evitare boicottaggi all'inaugurazione di Expo

Scala, verso il «decreto Primo maggio»

Il sindacato confederale si spacca. E anche i vertici ora cercano di isolare i falchi di Cgil e Cub. Perché se alcuni (pochi in verità) dipendenti della Scala tra orchestrali, tecnici ed elettricisti chiedono di stare a casa il Primo maggio per santificare la festa dei lavoratori, perché mai dovrebbero andare a lavorare tranvieri, tassisti, baristi, vigili urbani, infermieri e pompieri? Tutte persone che in quella data ogni anno lavorano senza far tante storie e di certo senza i lauti, anzi più che lauti benefici economici offerti ai viziati scaligeri, visto che il sovrintendente Alexander Pereira è arrivato a offrire fino al 140 per cento in più rispetto a un normale giorno di lavoro. E che a maggior ragione tutti gli altri lavoreranno quest'anno che coincide con il primo giorno dell'Expo.

È questa la domanda che circola dopo la strigliata ai sindacalisti dal premier Matteo Renzi che sabato all'Hangar Bicocca ha detto chiaro che di far saltare la Turandot diretta da Riccardo Chailly davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella proprio non se ne parla. «Se c'è una qualche minoranza che pensa di poter bloccare, non in nome del sacrosanto diritto di sciopero, ma dell'inaccettabile diritto di boicottaggio quell'evento, sappia che siamo pronti a tutto. Anche a misure normative per far sì che il Primo maggio non iniziamo con una figuraccia». Se non sarà uno sciopero, non ci sarà nemmeno precettazione. Magari un decreto che obblighi a lavorare nel caso l'azienda lo richieda anche in giornate festive.

Spaccato il sindacato, con i duri della Cgil che faticano anche a seguire la segretaria Susanna Camusso che aveva chiesto di cercare un accordo per «salvaguardare il calendario con la contrattazione, perché non bisogna nascondersi davanti a eventi straordinari». Tenendo conto che «Expo è un evento eccezionale di sviluppo e crescita del tutto irripetibile». Dura anche ieri la replica degli irriducibili Cgil per i quali «nessuno può obbligarci a lavorare il Primo maggio». Definendo quella del premier «una posizione autoritaria». Più morbidi i toni del segretario Slc Cgil di Milano Paolo Puglisi che alla Tgr dice di aver «spiegato ai delegati che si tratta di un errore». Chiedendo, però, a Renzi di «occuparsi intanto del finanziamento alla cultura, consigliando al suo ministro Dario Franceschini in arrivo a Milano di incontrare il sindacato, anziché opporsi». Per il segretario Cisl Danilo Galvagni «non è il caso di invocare soluzioni drastiche per convincere ad aprire il sipario, dovrebbe bastare il buon senso». Perché «non credo si possa affidare il servizio di trasporto pubblico e le altre attività di accoglienza in città, al lavoro volontario. Occorre una presa di posizione chiara e forte dei sindacati confederali, per dissolvere equivoci che possono costare cari a Milano e all'Expo».

Di certo Renzi troverà un appoggio nel sindaco Giuliano Pisapia che aveva auspicato «una ulteriore riflessione» e nel governatore Roberto Maroni che dopo aver annunciato che sarà lui stesso a occupare il posto della Regione dopo l'uscente e rigorosissimo Fiorenzo Tagliabue nel consiglio di amministrazione della Fondazione Scala, applaudendo ai toni duri di Renzi ha detto che mandare in scena la Turandot , per Expo «sarebbe un buon esordio».

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