Scandali, assedio a Formigoni «Ritiro le deleghe ai leghisti»

E ora, dopo la bufera giudiziaria che con l'arresto dell'assessore Domenico Zambetti e tre nuovi iscritti nel registro degli indagati ha travolto ieri la Regione, la Lega prova la spallata. Il segretario lombardo Matteo Salvini ieri sera è uscito dal vertice dei «lumbard» convocato al Pirellone con in mano le dimissioni di assessori e consiglieri. Oggi Roberto Maroni incontrerà il segretario del Pdl Angelino Alfano e Formigoni. Il messaggio del Carroccio al governatore è questo: «Scelga se fare un passo indietro o a lato». Salvini chiede «l'azzeramento della giunta, il dimezzamento degli eventuali nuovi assessori ed eventualmente un nuovo presidente della giunta» che traghetti verso le elezioni anticipate. Perché, ha concluso, «siamo consci del fatto che prima di aprile si andrà a votare». Ma Formigoni dal canto non è disarmato: «Mi sono sentito con il presidente Berlusconi e con il segretario Alfano» ha fatto sapere ai suoi uomini, dicendosi sicuro del fatto che la linea del Pdl è una sola: «Se cade la Lombardia un secondo dopo cadono Veneto e Piemonte». In tarda serata, poi, la mossa in contropiede: il presidente della Regione - ha fatto sapere il suo staff - ha provveduto con decreto a ritirare le deleghe degli assessori leghisti e di prenderle in carico a sé.
Doveva essere il gran giorno della Milano nel mondo. La celebrazione di una macchina organizzativa che sta dando vita a un'Expo cibernetica da 20 milioni di visitatori in carne e ossa e 1 miliardo di utenti virtuali. E, invece, quella vetrina luccicante preparata per gli oltre mille delegati dei 104 Paesi già iscritti, si è trasformata nella livida cronaca giudiziaria di una giornata che ha messo al muro una politica ormai indifendibile. All'alba l'arresto dell'assessore regionale Domenico Zambetti accusato di aver comprato 4mila voti dalla 'ndrangheta per 200mila euro. A mezzogiorno, proprio mentre i commissari Expo Formigoni e Giuliano Pisapia mostravano nell'aula magna della Statale le meraviglie del progetto, l'arrivo in Regione della finanza per controllare le spese dei partiti e l'iscrizione nel registro degli indagati per truffa aggravata e peculato dell'ex presidente del consiglio Davide Boni e dell'ex assessore Franco Nicoli Cristiani in conseguenza selle precedenti inchieste che li avevano coinvolti e quella dell'ex assessore Massimo Buscemi dopo un esposto presentato in procura. Al vaglio viaggi, cene, spese di rappresentanza e di comunicazione considerate dai magistrati irregolari. Ma non basta, perché anche Sara Giudice (più nota come la giovane anti-Minetti di Fli) potrebbe aver ricevuto su interessamento del padre Vincenzo, ex presidente pdl del consiglio comunale, 4-500 voti dai clan della 'ndrangheta promettendo di favorirli negli appalti. Il tutto mentre sempre a Palazzo Marino proseguono le indagini su Patrizio Mercadante, l'ex responsabile del Servizio minori che avrebbe aggiustato gare d'appalto per le colonie dei bambini in cambio di mazzette.
Un terremoto non solo giudiziario, ma ormai anche politico dopo che la Regione ha raggiunto quota quattordici indagati e quattro assessori arrestati. E così quello di ieri al meeting Expo tra Pisapia e Formigoni, più che un incontro è stato uno scontro. «Ora basta», ha sentenziato Pisapia riferendosi all'arresto di Zambetti e chiedendo le dimissioni di Formigoni. «Dopo quest'ultimo fatto non si può più andare avanti così». Parole che hanno scatenato l'immediata reazione del governatore.

«Pisapia - la replica di Formigoni mai finora così duro col sindaco - non è consigliere regionale». Mentre nel pomeriggio gli autonomi del centro sociale Lambretta hanno tentato l'assalto a Palazzo Lombardia, ma sono stati respinti dalle guardie

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