Scola boccia la proposta dei quartieri a luci rosse «No alle donne schiave»

Il cardinale chiede una frenata ma i partiti favorevoli all'idea non vogliono fare passi indietro

Ovviamente nessuno si sarebbe aspettato un'approvazione da parte della Curia. Ma il no dell'arcivescovo Angelo Scola alla creazione di un quartiere a luci rosse a Milano va ben al di là di un appello contro il malcostume. Suona come una difesa morale e sociale della donna, come un tentativo di tutelarla da uno stato di schiavitù a cui viene costretta.

«Se si dà anche solo una parvenza di maggiore legalità - spiega il cardinale al termine della celebrazione della messa nella parrocchia di Santa Maria di Lourdes - indirettamente si accetta la tratta e la schiavitù della donna, questo dobbiamo dirlo».

Il cardinale invita a riflettere meglio sulla questione. «Il tema degli uomini che insistono in quella direzione - continua - e del fargli assumere le loro responsabilità mi sembra un tema molto importante che una società come la nostra dovrebbe porsi».

Ma «gli uomini» a cui si riferisce Scola non accennano passi indietro, anzi. Né tra i ranghi leghisti né tra i banchi di Sel. «È solo questione di tempo - incalza Luca Lepore, consigliere comunale della Lega Nord - Alla fine le ricette da sempre sostenute dalla Lega Nord per combattere il degrado generato dal fenomeno della prostituzione nei centri cittadini si dimostreranno vincenti. E saranno accolte da tutti coloro che detengono un minimo di saggezza e di buon senso». E giù a snocciolare i vantaggi di un quartiere a luci rosse: più sanità, più sicurezza e maggiori introiti (circa 4 miliardi l'anno) nelle casse dello Stato. «Cercare di contenere la prostituzione solo con le ordinanze - è la posizione del Carroccio - è pura utopia. Creare bordelli a cielo aperto, come proposto dal sindaco di Roma, è pura follia e ghettizzazione. Bisogna liberare le strade, cancellare la legge Merlin, riaprire le case chiuse, creare un apposito albo e tassare l'attività». In questo modo, certo, si sradicherebbe il giro delle organizzazioni malavitose che ruotano attorno alle lucciole di strada. E si darebbe una bella ripulita alla città, evitando scene di degrado e di volgarità che non sia mai nell'anno di Expo.

Con i soldi recuperati dal nero della prostituzione, si potrebbe fare cassa - sostengono i leghisti - per migliorare parecchi servizi, «rendendo gratuiti i nidi, congelando gli aumenti sulle addizionali e sui biglietti dei mezzi. «Credo che i tempi siano maturi - aggiunge Lepore - (fra Senato e Camera sono giacenti 20 proposte di legge sulla prostituzione) per disciplinare questa realtà insopprimibile, in particolare in uno Stato come il nostro che si vuole distinguere per battaglie sulla legalità, sulla sicurezza e sull'equità fiscale».

Sel insiste per cercare un luogo - ovviamente fuori mano - dove avviare la sperimentazione del quartiere a luci rosse: «Anche chi sceglie come attività quella di mercificare il proprio corpo deve essere tutelato senza creare disagi alla popolazione». Pragmatico il vice del Consiglio Riccardo De Corato: «Sel dica dove vorrebbe collocare il quartiere delle prostitute, altrimenti sono chiacchiere da bar».

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