La scomparsa di Paola Bonzi «Milano ora deve ricordarla» «Si porti avanti la sua opera»

Il cordoglio di Sala e il ricordo di tante donne E il deputato di Fdi Osnato propone il Famedio

Alberto Giannoni

Ricordare Paola Bonzi e portare avanti la sua straordinaria opera al servizio degli altri. La fondatrice e direttrice del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli è morta due giorni fa, in Puglia, dove si trovava in vacanza. La sua scomparsa (a 77 anni) ha suscitato grande commozione.

Il presidente del Centro, Nicolò Mardegan, ha ricevuto le condoglianze del sindaco, Beppe Sala, e dell'arcivescovo, Mario Delpini, che a novembre aveva partecipato alla Cattolica presentazione di due nuovi libri di Paola Bonzi, insieme a Giuliano Ferrara. Il suo centro in 25 anni ha aiutato 23mila bambini a nascere, sostenendo le loro mamme, donne alle prese con una gravidanza difficile dal punto di vista economico o personale. Una «missione» l'aveva chiamata quel giorno il direttore del «Foglio», ricordando come avesse deciso di coinvolgerla, nel 2018, nell'avventura della sua lista «Aborto, no grazie», in quella battaglia che era non contro la legge 194 ma contro quella che chiama ancora «banalizzazione dell'aborto». «Ero alla ricerca di un simbolo» raccontò. Si chiedeva come farlo «senza essere dogmatici, senza trasformare la severità in una disciplina puramente predicatoria»: «Capii che era perfetta». Non faceva crociate Paola Bonzi. Aveva detto sì alla lista ma il suo terreno non era l'ideologia, come il giornalista ed ex ministro aveva intuito.

Mardegan la ricorda con commozione e tenerezza: «Hai accolto chiunque cercasse un abbraccio, un consiglio, una carezza. Abbiamo sensibilizzato governi, regioni, Comuni, aziende e finanza. In molti hanno risposto al nostro appello permettendo di far fronte alla mancanza di fondi. Il tuo cuore forte non avrebbe mai retto un no alla richiesta di aiuto di una mamma. Sono certo che Milano abbia voglia di portare avanti la tua bella battaglia a favore della vita nascente. A settembre avremo modo di salutarti con una santa messa in suffragio».

Oggi le istituzioni sono per lo più silenti ma la ricordano in tanti, uomini e donne normali. Milano l'aveva premiata con l'Ambrogino d'oro nel 2013. Un riconoscimento giusto per la città più che per lei, come capì Alessandra, ginecologa e primaria alla Mangiagalli, che sostenne quel premio - come peraltro i radicali milanesi, e a differenza di alcune femministe molto ideologiche. «La stimo - disse Kustermann - Collaboro con lei perché so che le donne quando la incontrano non vengono giudicate, ma accolte con calore e rispetto. Crede nella vita però sa comprendere anche a chi decide di abortire».

L'assessore regionale alla Sanità, Giulio Gallera, la ricorda come «una donna che ha dedicato tutta la sua vita all'aiuto delle donne più fragili e bisognose con una passione per la vita unica».

E il deputato di Fdi Marco Osnato propone il Famedio: «Chiunque l'abbia conosciuta - dice - ha compreso che per lei la Vita era l'unico valore da rispettare senza domandarsi assolutamente niente e che ogni bambino che sottraeva all'aborto era una vittoria di tutti senza isterie e moralismi».

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