Cronaca locale

Security: la "cupola" che si è spartita 265 milioni di appalti

Cinque delle maggiori società del settore accusate di avere fatto «cartello» per le gare

Cristina Bassi

Luca Fazzo

Un vero e proprio «cartello» tra aziende, sulla carta concorrenti, per spartirsi gli appalti pubblici della security. Nel periodo 2013-2017 l'importo totale aggiudicato grazie agli accordi stipulati sottobanco ammonta a oltre 264,5 milioni di euro. Una cifra enorme, come molto corposo è il valore delle sanzioni ora comminate alle parti sotto accusa, cioè cinque tra le principali aziende del settore: più di 30 milioni.

L'istruttoria è riportata nelle 130 pagine della recente delibera dell'Antitrust ed è nata da alcune segnalazioni arrivate da fonti anonime, da Anac, Trenord e da due associazioni di categoria del mondo della sicurezza, Anivp e Assiv. Il documento è stato trasmesso alla Procura della Repubblica che valuterà eventuali ipotesi di reato a partire dalla turbativa d'asta.

Le gare finite sotto la lente sono state aggiudicate soprattutto in Lombardia, ma anche in Emilia Romagna e Lazio. Tra le aziende appaltanti compaiono Expo, Trenord e Arca, l'azienda regionale degli acquisti, insieme all'emiliana Intercent e la romana Atac. L'Autorità ha acquisito documenti, mail interne e tra le parti, oltre alle memorie delle parti stesse che sono anche state ascoltate in audizione. Ecco l'elenco delle società di vigilanza sotto procedimento istruttorio: Coopservice, Allsystem, Ivri (Istituti di vigilanza riuniti), Italpol, Sicuritalia. Si occupano tutte di vigilanza armata e servizi connessi come il portierato. L'accusa è che abbiano stretto intese vietate in occasione di gare di appalto pubbliche. Alcune volte negli accordi segreti spartizione e compensazione rientravano anche le commesse da soggetti privati. Queste ultime potevano servire per «ripagare» un alleato deluso o per guadagnarsi un credito per la prossima combine. Raggruppamenti temporanei di imprese (Rti) composti dalle principali aziende sul mercato, presunte concorrenti, riuscivano a ottenere la gran parte dei lotti delle più rilevanti gare della Regione. Venivano stretti in molte occasioni «accordi pre-gara in cui alcune delle aziende si impegnavano a non partecipare ricevendo in cambio, in caso di aggiudicazione, una quota in subappalto del servizio». Ecco perché l'Authority parla di «complesso disegno collusivo» con l'utilizzo di strumenti legittimi ma piegati a «finalità anticompetitive». Le cinque società utilizzavano lo strumento «del Rti e del subappalto in modo anticoncorrenziale, talvolta partecipando in gara addirittura con delle Rti fittizie (...) che celavano una ripartizione geografica dei lotti». Spesso le aziende stringevano anche «accordi bilaterali» di «compensazione» suggellati da scritture private per un «sistematico reciproco affidamento di commesse al fine di riequilibrare i rispettivi rapporti di dare-avere». Nell'elenco ci sono anche tre appalti Expo; quelli per la vigilanza del cantiere di Expo, poi per l'esposizione in corso e infine per il «post-evento» (anche se per il primo e il terzo le prove raccolte di irregolarità non sono giudicate sufficienti).

Nelle gare regionali, la «cupola» avrebbe ottenuto ben undici dei dodici appalti in gara. Nelle mail sequestrate dall'Antitrust le società parlano esplicitamente di «logica della ripartizione», «quote di ripartizione» e «interscambio con i competitor».

I messaggi «evidenziano un complessivo rapporti di non belligeranza» oltre a «l'assoluto annullamento della concorrenza tra le parti che si accordano per spartirsi i servizi a prescindere dal risultato della gara».

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