Il sindaco Giuliano Pisapia non mantiene le promesse (impossibili) fatte in campagna elettorale ai compagni dell'ultrasinistra. E i no-global glielo ricordano, mettendo a ferro e fuoco un quartiere al momento di sgomberare lo Zam (Zona autonoma Milano) e assediando palazzo Marino. «La giunta - la reazione irritata del sindaco - ha sempre dimostrato la sua volontà di dialogare con tutti. Per questo è inaccettabile qualsiasi prepotenza e violenza davanti alla sede del Comune, la casa di tutti i milanesi». Scene di un'assurda guerriglia urbana, ancor più assurde perché ad amministrare Milano non ci sono più Gabriele Albertini o Letizia Moratti, ma l'avvocato ultrarosso a cui i centri sociali ora presentano il conto.
Una situazione paradossale, confermata dall'imbarazzo dei consiglieri della sinistra. «Zam rimane un luogo che ha una funzione sociale, importante per la città - ha spiegato ieri Luca Gibillini (Sel) - È evidente che il Comune nulla ha potuto davanti alle azioni giudiziarie del privato proprietario. Ma non credo proprio sia finita qui». Quasi a chiedere scusa a un mondo che si sente tradito da una rivoluzione «arancione» che non ha cambiato nulla. E Anita Sonego, capogruppo della «Sinistra per Pisapia», come se ce ne fosse bisogno accende gli animi ricordando che «a Roma al Teatro Valle occupato, Stefano Rodotà ha ricordato l'articolo 42 della Costituzione che parla di proprietà privata legittima solo se accessibile a tutti e rispettosa della sua funzione sociale». Di tutt'altro tono le dichiarazioni dell'assessore alla Sicurezza della Provincia, il leghista Stefano Bolognini: «Chiederò al prefetto che al prossimo Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza sia affrontato il problema dei centri sociali e che venga ripreso un piano puntuale di sgomberi e legalità». A cominciare da via Cola di Rienzo, piazza Stuparich e via Arbe. Per Riccardo De Corato «bene lo sgombero dell'ennesima zona franca, il centro sociale Zam.
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