Fino a ieri gestivano persone, budget e riunioni. Poi d'un tratto più niente. Fino a ieri dovevano ingegnarsi per trovare solo cinque minuti liberi. Ora hanno una giornata di ventiquattr'ore da riempire. Fino a ieri guardavano con soddisfazione al mezzo secolo di vita già passata. Ora fanno i conti con la disoccupazione che farà pure paura ai giovani ma fa ancora più paura se hai cinquant'anni o giù di lì, magari moglie e figli a carico, e per di più se fino a ieri tutto il mondo intorno ti considerava una persona in qualche modo di successo. Reinventarsi? Facile a dirsi. «Farsi» un po' meno, ma quando stai in mezzo a una strada tanto vale provare.
Tanto che in Lombardia nei primi sei mesi del 2012 sono stati più di 3653 gli ultracinquantenni che hanno provato a rimettersi in gioco, il 2,2 per cento in più rispetto all'anno scorso. È la regione che registra il maggior numero di nuove imprese individuali iscritte tra gennaio e giugno con un titolare che ha un età compresa tra i 50 e i 70 anni. A guidare la classifica c'è Milano (1.154) con il 4 per cento in più anche se l'incremento maggiore si registra a Monza e Brianza, ben l'11,9 per cento in più. C'è chi si ricicla perché ha perso il lavoro, c'è chi lo fa per aiutare economicamente figli e famiglia. Un'impresa su quattro nasce nel commercio. D'altronde sia nelle aziende grandi che in quelle medio piccole l'espulsione dei manager maturi perché troppo cari è un fenomeno che «si continua a registrare» come spiegava Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager. Ma di cui forse si parla ancora troppo poco. Invece aumentano i licenziamenti e diminuiscono pure le assunzioni. Un dato. A Milano in un anno ci sono state ben 620 richieste in meno di manager da parte delle aziende. Una cifra che va ad aggiungersi a tutti quelli che hanno dovuto riempire il loro scatolone e riprendere le redini di una vita che chi l'avrebbe mai detto dieci anni fa che avrebbe preso questa brutta piega.
Erano inseriti in un'azienda di cui condividevano l'obiettivo, magari partecipavano proprio alla definizione di quegli stessi obiettivi e per questo venivano anche adeguatamente pagati. Dirigenti, professionisti in giacca e cravatta che dovevano vedersela con molti problemi, ma di certo non con l'incubo della perdita del lavoro. Se raggiungevi il budget potevi dormire tranquillo. Poi d'un tratto la crisi, lo scossone che ha ribaltato i ruoli e chi sembrava indispensabile per raggiungere taluni obiettivi è diventato troppo costoso per mantenere gli standard minimi. Dunque, una testa da tagliare. Una testa che difficilmente in un momento come questo riesce a ricollocarsi velocemente. Con l'aggravante che, allontanandosi il periodo della pensione la perdita del lavoro intorno ai 50 anni diventa ancora più traumatica. Licenziati, ridimensionati, incentivati all'esodo o «globalizzati», comunque sia all'improvviso «fuori» da un sistema. E nell'armadio, mattina dopo mattina con la giacca e la cravatta resta anche uno status che fino a ieri si dava per scontato e che da un giorno all'altra ribalta equilibri di intere famiglie. C'è chi per mesi non ha raccontato agli amici quello che era successo uscendo ogni mattina come per andare a lavorare. Ci sono stati quattro manager che coinvolti in prima persona dallo tsunami-perdita del lavoro ci hanno scritto anche un libro dal titolo «Post-manager» per dire che «quando la cosa avviene è una situazione tremenda. Non c'è paura né vergogna ad ammetterlo: in questi casi ci si sente crollare il mondo addosso. Qualunque sia la situazione personale - scrivono si ha immediatamente la certezza che qualcosa si è irrimediabilmente perso e che da ora in avanti sarà tutto più difficile». A Milano oltre a coloro che hanno perso il lavoro, dal 2011 al 2012 la richiesta da parte delle aziende di dirigenti è diminuita da 3410 a 2790 secondo gli ultimi dati della Camera di Commercio-Excelsior. Non solo. Le associazioni Manageritalia e Federmanager confermavano un paio di mesi fa che ogni anno il 20 per cento dei manager non si vede rinnovato il proprio contratto di lavoro e fra questi meno della metà riesce a ricollocarsi. Un trend che accomuna tutto il paese da Nord a Sud, nel 2011 sono stati oltre diecimila i dirigenti licenziati. Mezzo secolo di vita alle spalle, competenze e professionalità acquisite e consolidate.
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