"Settimana... pacifica sul palcoscenico con un ospite a sera"

Il cantautore racconta la sua maratona live al Filodrammatici. Da Malika a De Gregori

"Settimana... pacifica sul palcoscenico con un ospite a sera"

Diventare come la biro Bic, o l'autobus rosso a due piani inglese, o lo smoking. Sì, diventare un classico. É un gioco tra concetto ed estetica quello che Luigi De Crescenzo in arte Pacifico mette in scena al suo arrivo a Milano: nella cornice del Teatro Filodrammatici, il cantautore si regala una vera e propria «residenza», sette giorni speciali - dal 2 all'8 dicembre (ore 21, ingresso 36-30,25 euro, info 02.36.72.75.50) - che vanno sotto il nome di La Settimana Pacifica. I poster evocano l'analogia: Pacifico ci mette la faccia, e tutto intorno la prima pagina de La Settimana Enigmistica. Quel classico di cui sopra, come la biro Bic ecc. Sette esibizioni, e un ospite speciale per sera. Nomi forti, con cui duettare in libertà: Malika Ayane, Samuele Bersani, Gianna Nannini, Francesco de Gregori, Giuliano Sangiorgi, Francesco Bianconi e Neri Marcorè.

I Filodrammatici, palcoscenico milanese doc a due passi dalla Scala: la residenza è una novità?

«In realtà, con il mio ex gruppo Rossomaltese, facemmo diverse date di fila in quella vecchia pensilina degli autobus riadattata a locale, l'Atm. Ne ho un ricordo bellissimo, un precedente fortunato».

É stato complicato arruolare un parterre di artisti di questo calibro?

«Ho provato a sondare la disponibilità degli artisti che ammiro e che per fortuna mi sono amici. Hanno aderito tutti subito, con entusiasmo. Sette persone ho chiamato e tutti e sette mi hanno confermato la loro presenza in pochi minuti. Da lì la settimana. Se poi mi chiedete se la cosa mi emoziona dico sì, e tanto: ciò nonostante ho una certa calma, mi sto godendo tutta la preparazione. Anche gli imprevisti».

Come l'è venuta l'idea della "Settimana Enigmistica"?

«Volevo un omaggio all'inimitabile. Tutti provano affetto per quella pubblicazione, è stata ed è uno strumento di aggregazione in famiglia: metteva assieme figli, zii, genitori, cugini secchioni o ripetenti. A casa mia restava sul tavolino tutta la settimana, con la Bic morsicata sopra. Ogni giorno più sgualcita, con gli enigmi via via risolti. Il sogno di molti, e anche il mio, è di finire prima o poi nel ritratto del cruciverba sul fronte. In qualche modo l'ho realizzato».

Senza nulla togliere agli altri ospiti in programma, la presenza di De Gregori il 5 dicembre è un gran colpo: difficile convincerlo?

«Nessuna difficoltà. Sono io che ho impiegato un mese a decidermi a chiamarlo. Non per una sua chiusura, lui con me è sempre stato gentile e disponibile. Era la mia timidezza a frenarmi. Non volevo metterlo in imbarazzo qualora non avesse voglia di venire. Un giorn ho telefonato, e dopo due minuti la telefonata era conclusa, con lui da una parte entusiasta di partecipare, e io dall'altra incredulo col telefono in mano».

Vive a Parigi ma il legame con la sua Milano resta: leggere delle "cose italiane" da lassù le dà una certo distacco più oggettivo?

«Vivo a Parigi ma sono sostanzialmente 'sospeso', la mia integrazione è parziale. Ho famiglia lassù, quello è il mio centro sentimentale. Ma lavoro in Italia, la mia compagna è italiana, pur essendo parigina da vent'anni. Con l'Italia non ho reciso il cordone, però un po' di distanza la prendi.

Leggo e mi informo, e penso che l'Italia sia al centro di un conflitto che la Francia ha cominciato ad affrontare anni fa. Da questo scontro, specie sull'immigrazione, può uscire un paese più giovane, più forte e aperto. Dalla musica e dallo sport stanno arrivando segnali forti in questo senso».

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