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La sfida musicale di Beruschi "L'Opera legata alla cronaca"

L'ex comico di "Drive In" da tempo votato alla lirica: "Ho associato Rigoletto al caso di un pusher ucciso"

La sfida musicale di Beruschi "L'Opera legata alla cronaca"

La sospensione delle repliche di «Anema e core», in programma al teatro Villoresi di Monza, non ha di certo fatto perdere il buonumore ad Enrico Beruschi che, al fianco di Edoardo Romano, dava voce ai personaggi manzoniani nella traduzione in versi de «I Promessi Sposi in poesia napoletana» scritta da Raffaele Pisani.

Già, perché l'ex ragioniere della Galbusera è da molto tempo lontano dagli schermi, ma non dai palcoscenici dove, tra interpretazioni e regie, tra commedie e opere liriche, ha sempre mantenuto il suo inconfondibile stile. Perché, proprio a proposito di stile, Beruschi, come molti personaggi dello spettacolo, ha sempre il debole per le donne: «È vero, mi piacciono le donne, ma faccio solo consulenza. A distanza di un trentennio dal Drive In mi hanno denunciato perché sono stato l'unico a non molestare tutte quelle belle donne che mi stavano attorno».

Il «Drive In» che bei ricordi, sia per il pubblico che settimanalmente attendeva l'appuntamento con un divertimento genuino, sia per i protagonisti come Beruschi che, con il suo Beruscao e le distrazioni dalla noiosa vita con la Margherituccia, hanno reso il format, ideato da Antonio Ricci, un vero must televisivo. Beruschi non si perde tra le note nostalgiche della sua carriera televisiva perché ora, a stretto contatto con le platee teatrali, riesce a comunicare il suo amore e la passione per la vita artistica. «Certo, se mi dovessero chiamare commenta Enrico Beruschi sarei pronto a fare cabaret in tv. Ora ho in cantiere un Rigoletto che, Coronavirus permettendo, dovrei presentare a Civitanova Marche, nella sua versione più filologica e completa. Io sono un grande appassionato di opera e da anni mi sto battendo con l'obiettivo di far conoscere l'Opera Lirica a tutti, giovani compresi, spendendo pochi soldi. Non occorrono scenografie faraoniche e nemmeno compagnie nutrite di cantanti e di musicisti. Basta avere un pianoforte, tre, quattro, al massimo cinque cantati e un attore che racconti con cognizione di causa la storia. Infatti, la versione del melodramma verdiano, che misi in scena al Teatro Verga di Milano qualche anno fa, fu un successo a costi ridotti: elaborai un testo che, alla storia tragica del buffone alla corte del Duca di Mantova, si intrecciava a osservazioni sull'attualità e sulla vita odierna. Uno spettacolo senza accessori, né orpelli, semplice da capire e, soprattutto, divertente».

Nell'immaginario collettivo si associa l'Opera ad un genere ormai vetusto, che possa interessare solo alle platee anziane e, soprattutto, si pensa al costo elevato del prezzo del biglietto. E Beruschi ha dimostrato, a più riprese, non essere così. Da «Il Barbiere di Siviglia» anche nei panni del regista, a «La Bohème», dal «Rigoletto» alla «Turandot», fino a «Madama Butterfly», Beruschi, con la sua capacità e la sua destrezza a creare empatia con il pubblico, è sempre applaudito ed apprezzato. «Io parlo con lo spettatore e spiego temi affrontati nell'Opera traducendoli attraverso il racconto di vicende di cronaca contemporanea. Ad esempio, ho associato il tema del Rigoletto, del padre infelice che difende la figlia alla quale è stato tolto l'onore, alla cronaca di quel genitore che ha ammazzato il pusher della figliola morta di overdose. È divertente quando, durante l'allestimento de La Bohème, parlo con le gentili signore provocandole. Ad esempio, quante di loro conoscono il sinonimo di Traviata? Tutte, erroneamente, pensano alla Escort. Quanti conoscono la storia della Turandot, l'opera incompiuta di Puccini? Il pubblico riconosce solo l'aria Nessun dorma senza sapere cosa all'alba vincerò».

Dal Nord al Sud dell'Italia, Beruschi è sempre in movimento per spiegare al pubblico la bellezza di un genere ancora poco conosciuto, ma sempre di grande attualità nell'universalità delle sue tematiche e attento anche a dare voce all'umorismo e alla satira di quel Giovannino Guareschi che il cabarettista milanese ha sempre interpretato con grande semplicità.

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