Si auto-tassano per fare la moschea

Si auto-tassano per fare la moschea

I musulmani milanesi sono impazienti, il Comune sempre più evasivo, così sul tema moschea arriva l'ultimo colpo di acceleratore. Per avere un centro islamico degno di questo nome entro l'Expo i vertici del coordinamento della associazioni musulmane milanesi lanciano una sorta di mega-colletta: cercano 500 «generosi» disposti ad autotassarsi, per la cifra non esorbitante di 10 euro al mese. Basta fare due conti per arrivare alla somma di 60mila euro totali, che non bastano a costruire un grande luogo di culto, ma possono rappresentare un buon inizio, soprattutto se arrotondati con il contributo di qualche altro mecenate (magari straniero). Nel sito internet del Caim è già attiva una sezione «Dona ora». «Il Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano e Monza e Brianza - si legge - si sta impegnando con dedizione e professionalità, per portare la comunità islamica di Milano al livello che merita. Una nuova squadra è già al lavoro per migliorare gli standard dei nostri luoghi di culto e delle nostre associazioni, per rafforzare l'unione tra le diverse comunità e soprattutto per avere finalmente in città una moschea in tempo per Expo 2015. Puoi sostenere il nostro lavoro e con 10 euro al mese potrai aiutare la Comunità ad alzarsi in piedi e ad essere protagonista nella società. Il nostro obiettivo è di raggiungere 500 donatori che, come te, avranno il grande merito di sostenere la crescita di un'intera comunità».
Certo l'obiettivo è molto ambizioso, soprattutto se confrontato con la linea apparentemente evasiva e dilatoria di Palazzo Marino. Avere una moschea in città per Expo fra un anno (che è come dire domattina per i tempi delle amministrazioni e delle burocrazie pubbliche) significa dover pensare in tempi record all'area, al progetto, alla realizzazione concreta e alla gestione. A meno che non si pensi di realizzare «qualcosa» dentro le aree Expo, come è sembrato trapelare dalla giunta, o ancora intervenire per ristrutturare e potenziare dal punto di vista logistico e urbanistico una delle realtà esistenti, per esempio la «moschea» di Cascina Gobba.
Di sicuro è in corso un lavorio sotterraneo e il dossier, quello vero, è nelle mani del vicesindaco e delegata all'Urbanistica, Ada Lucia De Cesaris, che tuttavia non parla volentieri (anzi, non parla affatto, pubblicamente) della moschea. D'altra parte in giunta sanno che il Comune non può permettersi di finire invischiata nelle diatribe fra le associazioni, animate da correnti religiose ed etniche diverse e spesso difficili da conciliare. L'amministrazione dunque è impegnata in questo sotterraneo lavoro di «concertazione» politica e sociale. Da un lato è pressata dalla sinistra che chiede una soluzione, dall'altro è preoccupata di rassicurare tutti coloro - e non sono pochi - che avanzano perplessità.
I vertici del Caim intendono rispettare questo lavorio prudente ma non possono permettersi che sia troppo lento. Per questo hanno già avvertito che se il Comune non darà risposte certe in tempi ragionevoli potrebbero fare come a Brescia, dove lo strumento urbanistico vigente è stato impugnato (e bocciato dal Tar) nella parte in cui non prevede un luogo di culto islamico.
«È una strada percorribile - ha spiegato al Giornale Davide Piccardo, coordinatore del Caim - e credo che le amministrazioni locali debbano prendere atto di queste sentenze.

I problemi devono essere risolti con la politica, con la concertazione - ha aggiunto - ma quando non si trova riscontro, la cosa più logica e normale, prima ancora di manifestare, è rivolgersi alla giustizia e chiedere che si esprima».

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