Leghista della prima ora, «da inizio anni Novanta», il 47enne Gianmarco Senna entra in Regione come più votato del suo partito nel collegio di Milano (3.612 preferenze). È imprenditore nella ristorazione, già consigliere di Municipio, pronto al grande salto.
Dicono che lei incarni il volto nuovo della Lega, cosa significa?
«Che condivido la linea e l'operato di Matteo Salvini nel dare alla Lega un respiro nazionale. È così che siamo diventati il primo partito del centrodestra. Grazie alla visione originaria di Umberto Bossi e, oggi, al pragmatismo di Salvini».
Pragmatismo significa affrontare le questioni centrali come l'immigrazione?
«Al netto delle persone che fuggono dalla guerra, che vanno aiutate ma sono un numero marginale, non siamo in grado di sostenere 200mila ingressi l'anno. Con il nostro tasso di disoccupazione non possiamo permetterci nuova manovalanza a basso costo, che ha come effetto quello di deprimere gli stipendi. È un fattore che crea problemi economici anche agli stranieri che lavorano onestamente».
Le tasse.
«Il nostro tessuto economico è fatto per la maggior parte di piccole e medie imprese con meno di 15 dipendenti, di partite Iva e artigiani che non reggono più il peso della pressione fiscale e della burocrazia. Tali zavorre impediscono a chi esporta di competere all'estero. In un Paese che cresce poco come il nostro questa situazione deve cambiare alla radice».
Il Sud.
«Qui sta la principale distanza tra noi e i 5 Stelle. Loro al Sud vogliono portare mance e assistenzialismo, noi sviluppo e lavoro».
Perché la sinistra è calata?
«Non dà le risposte che dovrebbe. È salotti, banche, grosse industrie. Noi rappresentiamo gli artigiani, le piccole imprese, i loro dipendenti».
Cosa farà in Regione? In che ruolo?
«La parola d'ordine è autonomia.
Risparmiamo dove possibile e reinvestiamo per i lombardi. Ruoli? Le persone in gamba in Regione non mancano, ognuna con un contributo da dare per il bene dei cittadini. Da parte mia, rappresento Milano e porto le istanze della società civile».
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