Smog e campi concimati: in città tira una brutta aria

È il più inafferrabile dei sensi, l'olfatto. Non misuri l'odore, fisica e chimica sfuggono agli strumenti come fantasmi che appaiono e scompaiono. E il naso è nel corpo un organo così adattabile, si abitua a tutto velocemente, forse troppo, e se subito avverte un odore, poco dopo sembra che sia scomparso, anche se è ancora lì e persiste. È ingannatore l'olfatto e anche un po' negletto, nonostante si parli tanto di aromaterapia. I fiori sul davanzale e le aiuole dei parchi, il profumo del bucato, la fragranza del caffè, l'odore della frutta fresca in bella mostra per strada, tutte tessere di un gradevole mosaico urbano.
Ma chi si occupa degli odori della città? Pochi, forse nessuno. Milano non profuma e in questi giorni di calura estiva capita di accorgersene con più evidenza e maggior dolore che in altri momenti dell'anno. Viene voglia di chiedersi che cosa fare per renderla bella anche nell'odore, oltre che in chiese, palazzi e musei. L'olfatto è un senso con una lunga storia e le esigenze dell'oggi crescono e sono diversissime da quelle di ieri: chi sopravviverebbe tra i miasmi dell'antica Mediolanum?
All'Arpa non è ora di esposti, ma i responsabili suggeriscono che ad appesantire l'aria siano i concimi delle aree coltivate tutto intorno ai confini della città. La stagione è propizia al lavoro degli agricoltori. «Dovrebbero rimestare il terreno dopo la concimatura ma non sempre accade. In ogni caso non arrivano proteste, come invece è accaduto in passato» spiegano dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente. Lo chiamano odore di liquami e c'è persino chi invita ad apprezzarlo come un assalto inatteso della campagna alla città. A volte è difficile gradire, per chi passeggia con il naso all'insù ed è costretto a lasciarsi invadere da umori terrigni.
Non è tutta poesia e materia da georgiche. Gli agenti inquinanti nell'aria fanno la loro parte anche d'agosto. E i vespasiani sono assenti, in aree grandi e frequentate ritirarsi è difficile, quasi impossibile. Con la complicità delle strade deserte, capita che più di qualcuno dimentichi abitudini consolidate da secoli di storia della civiltà, oltre che della sensibilità olfattiva. Succede persino nelle vie del centro. Si moltiplicano le lamentele degli abitanti. I milanesi, si sa, sono esigenti. Quel che altrove è tollerato, considerato sgradevole ma tollerabile dettaglio, qui si trasforma in guanto di una sfida a diventare migliori: anche così la città è diventata una capitale dell'eleganza.
Ma che odore ha oggi Milano? «Non direi cattivo ma senza identità. Come non ha più dialetto, la città non ha più un suo odore» risponde un esperto come Giorgio Dalla Villa, responsabile del Museo del profumo, un unicum nazionale.

Un tempo, racconta, anche i quartieri della città si riconoscevano dall'odore: «Ho scovato nei nostri archivi la testimonianza di un “naso” degli anni Cinquanta, come noi chiamiamo le persone di olfatto sensibile, che riusciva a capire dove si trovava dall'odore dell'aria». Forse non erano tutti profumi, ma riescono ad accendere la nostalgia. E il desiderio di un'aria dal profumo ambrosiano.

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