Cronaca locale

Sono 500mila i milanesi che mangiano vegetariano

In continua espansione il fenomeno verde in tavola con alimenti bio Aumentano ristoranti e fast food in stile veg. La svolta grazie al web

Milano si propone di «nutrire il pianeta». Progetto ambizioso. Anche troppo per una città dalle potenzialità sorprendenti. Così, nell'attesa, nutre se stessa, operazione di gran lunga più abbordabile. A un pugno di mesi da Expo che concentrerà il dibattito proprio su quel che piove in tavola, la metropoli si scopre più vegetariana ogni anno che passa. Un censimento è impossibile per motivi facilmente intuibili. Definire le abitudini alimentari. Classificare quelle dei familiari. Contarle. L'operazione non avrebbe i crismi di credibilità anche per la preparazione grossolana dei più in materia. Tra vegani e vegetariani - spesso assimilati con troppa disinvoltura - esiste una bella differenza.

Tuttavia non siamo lontani dal vero nel quantificare spannometricamente le proporzioni del «fenomeno verde» ai fornelli dicendo che i non onnivori si aggirano a Milano e provincia intorno alle 600mila persone. Sul totale degli italiani, le stime parlano di un 10% che rifiuta la carne e nel capoluogo lombardo si concentrerebbe un ulteriore 8% circa di quel totale. Il numero comprende l'insieme di coloro che, senza ulteriore distinzione non mangiano animali. Questa categorizzazione dice poco, perché composta da due anime diverse. I vegetariani si limitano a una dieta priva di carne e pesce mentre i vegani, la frangia più «oltranzista», si tengono lontani anche da ciò che è di derivazione animale. Ovvero uova. Latte. Miele. E tanto, tanto altro. Perché valgono anche i singoli ingredienti per escludere dal menu una certa portata. Quindi se il burro vegetale è ammesso, ma quello animale è proibito, anche la carta dei dolci ne risente. Sia pur per gli uni, ma non per gli altri.

E allora è impossibile formulare giudizi o esprimere sentenze. Essere vegetariani, o ancor più, vegani è uno stile di vita prima che una lista di cibi precisi e sconfina anche al di fuori della tavola. Niente pellicce. E perfino niente animali acquistati in negozio. Chi li ama, sa che Fido non si compra. Come non si compra un figlio. Ma il discorso porterebbe lontano.

Tornando all'alimentazione, il fenomeno veg si sta espandendo grazie a una serie di consistenti stimoli da vari settori. Il mercato biologico, innanzi tutto. Carmen Nicchi Somaschi, presidente dell'Associazione vegetariani italiani (Avi), spiega che la moltiplicazione delle fiere specializzate sull'alimentazione ha contribuito a sensibilizzare chi per lungo tempo non ha fatto caso a ciò che si metteva nel piatto. «Personalmente - spiega - l'Avi è riuscita ad avviare una collaborazione con alcune aziende alimentari per confezionare prodotti compatibili con criteri vegetariani. Oggi, ad esempio, certe case hanno linee che vanno incontro alle esigenze dei non carnivori».

Ma non basta. Rispetto al passato sono aumentati i ristoranti che escludono la carne dal menu. «Essere vegetariani - precisa Carmen Nicchi Somaschi - non significa mangiare cose tristi e dai colori sconcertanti. Anche i veg amano piatti guarniti e succulenti». Un po' quello che raccontava di se stesso l'attore Pino Caruso, vegano di provata fede. Davanti alle brodaglie recapitategli puntualmente dal cameriere che conosceva le sue abitudini, rispondeva flemmaticamente: «Sono vegetariano, non malato». E respingeva la sbobba.

Ebbene, oggi esiste addirittura una guida ai ristoranti veg, suscettibile di tutte le variazioni che la vita comporta. Aperture e chiusure comprese. Ma, a differenza di ieri, esiste un'ampia scelta. I ristoranti hanno specialità da proporre. Insomma, il mondo veg ha una sua dimensione. E viene da una consapevolezza che internet ha contribuito a rafforzare. «C'è stata tanta disinformazione, in anni trascorsi - spiega Nicchi Somaschi - e la colpa è dei molti, troppi interessi dietro il cibo. Esortare la gente a mangiare vegetale non è mai convenuto e in molti lo hanno sconsigliato. Finché il web ha fatto chiarezza perché ha consentito a tutti di informarsi direttamente attingendo i vari pareri e scoprendo che non è così sbagliato.

E neanche così nocivo per i nostri figli».

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