«Sono una vecchia signora ironica e molto raffinata»

L'attrice alla vigilia del suo nuovo debutto al Parenti «Sul palco interpreto un dialogo fra tre generazioni»

Un dialogo a tre, brillante, ironico, che fa pensare. Una riflessione povera di certezze e ricchissima di curiosità che mette a confronto tre diverse generazioni. Questo, in un flash, è Il cambio dei cavalli, la nuova commedia di e con Franca Valeri al debutto milanese il 9, al Parenti, dove resterà fino al 19. Nata a Milano 94 anni fa, la signorina più amata della radio italiana, al secolo Franca Maria Norsa (il cognome d'arte è un omaggio al grande Paul Valery), continua a farsi autrice di se stessa, con la comicità colta e garbata di sempre. E dopo «Non tutto è risolto» (2011), ecco «Il cambio dei cavalli», regia di Giuseppe Marini. Un'oretta e un quarto di sferzante delizia che ha già incantato l'estate spoletina del Festival dei Due Mondi.

Che spettacolo dobbiamo aspettarci?

«Una riflessione sull'esistenza e sulle sue contraddizioni vista attraverso tre generazioni che si scoprono curiose di ascoltarsi. La più anziana è la mia: sul palco sono una vecchia signora ironica e raffinata. Poi c'è la generazione di mezzo, un imprenditore 50enne stanco e indolente (nel cast è Urbano Barberini). E infine una giovane donna (Alice Torriani), che sa quello che vuole e ambisce a farsi una posizione con un buon matrimonio».

Una prospettiva diversa sulla donna?

«No, qui il tema della donna non è così centrale. La commedia è in realtà un lungo dialogo tra noi tre, nel quale ho cercato di mettere un po' di brillantezza. Il resto lo vedrete...».

E il titolo?

«Il cambio dei cavalli rappresenta la sosta, il momento in cui ci si ferma a riflettere e si scoprono le proprie debolezze. Come nel caso del personaggio maschile, figlio dell'amante storico della signora, senza dubbio il più fragile e sregolato, tipico rappresentante di una generazione smarrita».

E sulla sua generazione cosa dice?

«La generazione dei vecchi sa ascoltare, mostra interesse verso i giovani. E' sempre bello ascoltare i giovani».

Oggi ha ancora senso l'ironia?

«E' un'arma sottile che c'è sempre stata e rimarrà sempre, soprattutto in momenti di disincanto come l'attuale. Purtroppo, però, incontra un pubblico sempre meno capace di accoglierla e comprenderla, sempre meno premunito».

Cosa vuol dire oggi fare teatro?

«Il teatro è la mia vita. E' un'arte bellissima, anche se sempre più difficile da esercitare, per mille ragioni. Come del resto quasi tutti i lavori, oggi».

C'è molta Milano dietro la sua passione per le scene.

«Io sono nata a Milano, qui ho studiato in una scuola stimolante e prestigiosa, il liceo Parini. Il primo teatro che ho frequentato, da bambina, è stata la Scala. Amavo già la musica, la recitazione».

Che ricordi ha?

«Ricordi di una bella infanzia in una famiglia accogliente. E in un clima sereno. Ora non ci abito più, ma Milano resta per me una grande città, un riferimento».

Conosce il pubblico del Parenti?

«Sì, è un pubblico che mi ha accolto sempre con grande gentilezza e calore.

Spero davvero che in queste serate faccia altrettanto».

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