Cronaca locale

Sovrintendenza vs Brera È guerra su Palazzo Citterio

Dopo le denunce del Giornale, si infiamma la polemica Gli alibi della burocrazia sull'inefficacia del progetto

Mimmo di Marzio

Palazzo Citterio, l'anello mancante al russoliano progetto della Grande Brera, è finalmente diventato un caso. Dopo le ripetute denunce di questo Giornale, i ritardi e le manchevolezze del MiBAc e della Sovrintendenza sull'adeguamento dell'edificio che dovrebbe ospitare le collezioni del Novecento, hanno raggiunto un tale livello di putrefazione che anche le prime pagine della stampa «moderata» hanno deciso di alzare l'indice. A maggior ragione a fronte all'ignavia, peggio, della sfrontatezza, di una classe burocratica che, oltre a non giustificarsi della mancata apertura del palazzo dopo oltre un anno dall'«inaugurazione virtuale», oggi si permette di lanciare accuse contro James Bradburne, direttore capace in tre anni di resuscitare una Pinacoteca da decenni di polvere. È un mistero sapere con che coraggio l'ex sovrintendente Alberto Artioli, sulle pagine del Corriere, oggi addossi alibi di «inazione» ad un direttore il quale, dopo aver ereditato un museo in crisi di visitatori e presente sulle cronache soprattutto per i rischi strutturali a danno dei capolavori, oggi ha totalmente rivitalizzato la collezione riuscendo nel miracolo di riportare nelle sale le famiglie e perfino l'Accademia. Merito, questo, soltanto suo e di tutti quei dipendenti che ha saputo entusiasmare e coinvolgere in nuovi progetti: dai nuovi allestimenti della collezione alle visite guidate, dalla didattica ai laboratori per i bambini. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: basta entrarci nella Pinacoteca milanese, e vedere una folla di visitatori che hanno fatto registrare una crescita record, con oltre 370mila presenze annue e sette posizioni rapidamente scalate nella classifica dei musei italiani. L'ex sovrintendente, se davvero ha a cuore la Pinacoteca, avrebbe fatto miglior figura a ringraziarlo, questo direttore.

Quanto all'attuale sovrintendente, Antonella Ranaldi, l'augurio è che finalmente risponda in modo esaustivo alle legittime domande dei cittadini contribuenti, non solo dei milanesi, sulle inadeguatezze della ristrutturazione di un palazzo costata finora oltre 17 milioni di euro. Le «nove domande» del Foglio sul perchè il Brera Modern sia ancora chiuso, arrivano oggi dopo i numerosi interrogativi posti sulle pagine di questo Giornale, così come durante la conferenza stampa dell'aprile dello scorso che mostrò il palazzo alla stampa. Al tavolo dei relatori, quel giorno, fu incredibilmente lasciato fuori il direttore della Pinacoteca, l'unico forse che avrebbe avuto voce in capitolo su come palazzo Citterio avrebbe potuto ospitare e allestire le collezioni Jesi, Vitali, Juker e Mattioli; e soprattutto quelle opere antiche oggi impossibili da trasferire per gli inadeguati impianti di climatizzazione. Oggi, a distanza di un anno, Ranaldi azzarda a dire che la direzione di Brera fu da sempre coinvolta nel progetto dei lavori. Che dire? Nel nascondino generale, è ancora poco chiara la posizione del ministro del MiBAC Alberto Bonisoli che dovrebbe anche rispondere sulle esigenze di nuovo personale (50 assunzioni?) necessario per la futura Grande Brera.

Si attende la prossima puntata di una telenovela che davvero Milano non si merita.

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