Simone Finotti
Quando, il 28 ottobre 1951, Juan Manuel Fangio tagliò per primo il traguardo di Pedralbes, aggiudicandosi il Gp di Spagna e il Campionato F1 con la sua Alfetta 159 davanti a un pubblico in estasi, nessuno poteva immaginare che la Casa del Portello, appena finita la festa, avrebbe annunciato il proprio ritiro dal mondo delle corse. Tanti onori ma troppi oneri, meglio puntare sulla produzione di serie, che peraltro salvò l'azienda, messa in ginocchio dal secondo conflitto mondiale. Le origini, però, non si rinnegano: da sempre la competizione era parte del dna alfista, ed era naturale che, prima o dopo, la tentazione della velocità tornasse a bussare alla porta del Biscione.
Il resto lo raccontano Giuseppe e Massimo Colombo, due fratelli che da sempre condividono l'amore per i motori, nel bel libro Autodelta, l'ala veloce dell'Alfa Romeo (Fucina, 616 pagine, 33 euro), che viene presentato stasera alle 18.30, al Mac di piazza Tito Lucrezio Caro e sarà disponibile in libreria e su Amazon dall'1 ottobre. «Un lavoro di ricerca lungo e faticoso ma ricco di soddisfazioni, emozioni e incontri», raccontano gli autori, un po' sorpresi di colmare un vuoto: «Ci siamo resi conto che non esisteva ancora un libro sulla storia dell'Autodelta, il mitico reparto corse dell'Alfa Romeo fra gli anni Sessanta e Ottanta, impegnato in competizioni che avevano un seguito oggi impensabile. Un'epopea che andava raccontata attraverso le testimonianze di chi c'era, i ricordi dei figli dei protagonisti e altre fonti raccolte senza fretta, con pazienza e dedizione.
Vent'anni eroici e meravigliosi, di vittorie e drammi, che emergono uno dopo l'altro, sullo sfondo del contesto politico, sociale ed economico italiano dell'epoca, dalle pagine di un libro per appassionati ma non per addetti ai lavori. Non una raccolta di tabelle, dati tecnici, chilometraggi e tempi, e nemmeno un amarcord, ma un libro di sentimenti, passioni, brividi e uomini. Come l'indimenticabile presidente dell'Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi, che volle e nel marzo del 1963 tenne a battesimo la fondazione dell'Autodelta; o l'indimenticabile patron Carlo Chiti, il sanguigno ingegnere toscano che si dimise nel tardo 1984, ponendo fine a un'esperienza irripetibile. Ma anche un altro vulcanico «ing.», quel Lodovico Chizzola da Udine che, insieme a Chiti, credette fin dall'inizio nel progetto, con quel pizzico di follia che serve sempre in casi come questi. E poi piloti (De Adamich, Galli, Merzario, Facetti, Zeccoli, Andretti, Giacomelli, Vaccarella, Giunti e molti altri), tecnici e vetture leggendari: dalle scattanti GTA alle più impegnative 33 a 8 o 12 cilindri, fino alle monoposto di F1; dai trionfi del '75 e del '77 nei Prototipi, all'«annus horribilis» 1976, senza dimenticare i rally e la motonautica. Il testo, e le splendide immagini, ci accompagnano sui più celebri circuiti del mondo (Monza, Le Mans, Daytona, Watkins Glen, Silverstone, Montecarlo...
), sulle strade assolate della Targa Florio, sulle curve da brivido del Nurburgring o sull'asfalto della 800 km di Digione.«Autodelta, l'ala veloce dell'Alfa Romeo» (Fucina, 616 pagine, 33 euro). In libreria dall'1 ottobre. Presentazione stasera alle 18.30 al Mac in piazza Lucrezio.
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