«È la storia di una grande famiglia industriale»

L'ultimo nato in casa Bracco - intesa come Fondazione - è il libro Elena all'ombra del potere. Elena è la madre di Costantino, dunque imperatrice prima, e santa poi. Una «donna tosta», a detta di Diana Bracco: presidente e AD del Gruppo Bracco, di Expo 2015, e nei direttivi di Confindustria, Assolombarda e Federchimica. La sua Fondazione regolarmente porta alla luce figure e memorie del passato. Solo una volta lo ha fatto attingendo alle proprie radici. Ne è nato il libro dedicato al padre Fulvio (1909-2007). Da grande, Fulvio Bracco avrebbe voluto fare il capitano di lungo corso. Il padre, a dire il vero, aveva prospettato una carriera nell'hotellerie: «Ti farà un corso breve per segretario d'albergo e vai per quella professione lì. Ti te farà quel che voio mi. E basta, finito», gli disse. Sono queste le confessioni di Fulvio, figlio di Elio, pioniere della Chimica italiana che si racconta nel libro Da Neresine a Milano. Memorie dell'imprenditore Fulvio Bracco. Una pubblicazione un po' sofferta, ci dice Diana Bracco, «frutto di ripensamenti. Perché i rapporti possono essere talvolta complicati, ci sono momenti duri e momenti più belli. Alla fine è prevalso l'affetto e ho deciso di pubblicarlo». Così, gli appunti del padre sono ora un libro che fa lo spaccato di una famiglia e ancor prima di Milano, la città che fece di quei capitani di mare, capitani d'industria. Alla fine, ha deciso di ricomporre le tessere di questo album di famiglia «perché bisogna trasmettere ai giovani le radici. Le radici danno energia», spiega. Il ceppo-Bracco, come si diceva, è istriano, ma «Milano è la mia vita», osserva Diana Bracco, al timone di un'azienda di 2800 dipendenti e un fatturato che supera il miliardo di euro, nel settore della salute da 85 anni. Tutto ebbe inizio con il nonno Elio, segretario comunale sull'isola di Lussino, poi sottoprefetto a Trieste, poi referente italiano, a Milano, di una società farmaceutica tedesca. Che è la proto-Bracco, fondata nel 1927. Nel 1933 Fulvio, il figlio destinato all'hotellerie, si prendeva una laurea in Chimica, l'anno dopo era in azienda al fianco del padre, secondo il destino che poi toccherà a Diana Bracco. Arrivarono gli anni duri della guerra, quando mancavano le materie prime «e si potevano produrre poche cose e semplici». Poi c'è la ripresa, il trasferimento nell'area Lambrate dove la nuova Bracco decolla nel 1951, quindi si gioca la carta della ricerca. «Tutto questo per me significava seguire il lavoro per ore. Non avevo quasi un momento di svago», scrive Fulvio. Che però non rinunciò mai «agli appuntamenti con la Scala», tanto da prendersi un palco.

Con moglie e figlie non si perse un Sant'Ambrogio, e andò spesso nel teatro di Wagner, a Bayreuth. «Ho fatto molti sacrifici e ho trascurato la famiglia. Non ho avuto molto tempo da dedicare alle mie figlie, non ho potuto coccolarle», ammette. A un certo punto, descrive la figlia Diana come una sua copia.

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