Strage Cottarelli, è ergastolo Per Marino l'ottavo processo

A tredici anni dai tre omicidi condannato Salvatore, il cugino di Vito che sta già scontando il carcere a vita

Strage Cottarelli, è ergastolo Per Marino l'ottavo processo

Quello di ieri davanti alla corte d'Assise d'appello di Milano era l'ottavo grado di giudizio affrontato da Salvatore Marino. Un nome che ormai dirà ben poco ai più ed è incredibile perché ad esso è legata una delle più sanguinose stragi commesse nel Nord Italia. Quella della famiglia Cottarelli. A 13 anni dai fatti ancora non è chiusa la vicenda processuale nata dagli omicidi di Angelo Cottarelli, 56 anni, della moglie 41enne Marzenna Topor e del figlio Luca, di 17 anni. La nuova sentenza ha condannato Marino all'ergastolo, con due anni di isolamento diurno, ma è prevedibile che non sia finita. Il difensore dell'imputato, l'avvocato Giuseppe Pesce, non intende mollare e annuncia un nuovo ricorso in Cassazione dopo la lettura delle motivazioni (attese tra 60 giorni).

Il 28 agosto del 2006 i Cottarelli vennero trucidati nella loro villetta di Urago Mella, zona residenziale alla periferia di Brescia. Furono legati, raggiunti da alcuni colpi di pistola e poi sgozzati. Il movente, hanno ricostruito le indagini, fu uno sgarro di Cottarelli a Vito Marino, cugino di Salvatore. I due erano complici in una truffa milionaria per ottenere finanziamenti dall'Ue, ma la vittima non avrebbe dato tutta la parte dovuta al killer. Il processo in corte d'Assise d'appello a Salvatore Marino, che secondo l'accusa avrebbe accompagnato il cugino a Brescia da Trapani e lo avrebbe aiutato nella mattanza, era il quarto di secondo grado, dopo quelli davanti alle Corti di Brescia (una volta) e Milano (tre volte). Dopo i ripetuti annullamenti con rinvio da parte della Cassazione delle condanne. Quest'ultimo passaggio milanese, visti gli anni trascorsi e le vicissitudini, si è celebrato in sordina in un'aula deserta. Anche perché come parte civile erano rimaste solo due parenti della moglie di Cottarelli che vivono in Polonia. Rappresentate dall'avvocato Stefano Forzani, hanno ottenuto una provvisionale di 80mila euro ciascuna. Il fratello di Cottarelli, Mario, invece è morto un anno fa prima di vedere la fine delle udienze. A sostenere l'accusa c'era il sostituto procuratore generale Lucilla Tontodonati.

Il difensore di Salvatore Marino aveva chiesto l'assoluzione. «Non esiste una prova autonoma contro il mio assistito - aveva detto nell'arringa -. È qui solo perché il cugino è stato condannato. A Salvatore Marino viene applicata la responsabilità penale transitiva...». Il legale ha tra l'altro sollevato dubbi sul teste che a suo tempo accusò i cugini, anche lui arrestato in un primo momento per il delitto e poi assolto, e sul numero degli aggressori. Infine aveva chiesto, senza successo, di riportare il processo davanti alla corte d'Assise d'appello di Brescia, «giudice naturale» dell'imputato. Salvatore Marino era a piede libero fino a ieri pomeriggio. Quando è stato arrestato nella sua casa in esecuzione dell'ordinanza emessa insieme alla condanna. Da tempo lavorava come trasportatore in una ditta di Bergamo. Suo cugino Vito, figlio del boss di Paceco Girolamo detto «Mommu 'u nanu», morto ammazzato su ordine di Matteo Messina Denaro negli anni Ottanta, si trova in carcere e sconta un ergastolo diventato definitivo. È stato catturato nel 2018 dopo anni di latitanza nelle campagne di Trapani.

Negli anni d'oro dell'«illecita collaborazione» con la vittima smaltiva i milioni dei finanziamenti pubblici giocando all'Enalotto 30-40mila euro a settimana. Salvatore invece scappò anni fa e venne arrestato nel 2011 a Tenerife, riconosciuto da un agente della polizia penitenziaria che si trovava in vacanza sull'isola spagnola.

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