La stretta sui centri islamici. Stesse regole delle moschee

Circolare della Regione con nuove prescrizioni: "Basta attività di preghiera illegali in scantinati e capannoni"

La stretta sui centri islamici. Stesse regole delle moschee

I centri culturali islamici in Lombardia equiparati alle moschee e sottoposti alle stesse regole. La Regione ieri ha presentato una circolare che precisa alcuni aspetti della legge varata nel 2015 sui luoghi di culto. Fornendo ai sindaci nuove indicazioni per applicarla al meglio.

Il cardine: i centri nati dopo l'entrata in vigore della legge regionale 2/2015 dove si svolge regolarmente attività di preghiera sono equiparabili alle moschee vere e proprie e devono rispettare le stesse norme urbanistiche. I centri culturali islamici preesistenti invece possono ospitare attività di culto solo se lo segnalano al Comune, che a sua volta dovrà prevedere una variante del Pgt (Piano di governo del territorio), inserendo il centro nel Piano per le attrezzature religiose. La circolare è stata presentata a Palazzo Lombardia nel dopo giunta dal governatore Roberto Maroni e dall'assessore al Territorio Viviana Beccalossi. «Stop ai centri culturali islamici - spiega Beccalossi - che svolgono a tutti gli effetti funzione di luogo di culto. Da oggi i Comuni lombardi hanno uno strumento in più per fronteggiare quest'attività illegale o regolamentare la presenza di queste realtà». La circolare esplicativa rappresenta «una risposta all'esigenza dei sindaci di avere più chiarezza nelle regole su quei centri che, a detta proprio degli amministratori locali, sono di fatto delle moschee». L'assessore aggiunge che «nessuno pensa che siano popolati da terroristi, ma è importante sapere dove sono e chi li frequenta». L'obiettivo è «rendere più sicuri i cittadini facendo ulteriore chiarezza sulle norme in vigore».

La giunta intende dare ai primi cittadini «il potere di intervenire su quei centri culturali islamici che, di fatto, usano capannoni, magazzini, negozi e appartamenti per svolgere funzione di luogo di preghiera», aggiunge Beccalossi. L'assessore ha inoltre ricordato i risultati della mappatura di centri islamici, moschee e scuole coraniche. La richiesta ai sindaci di segnalarli al Pirellone era partita ad agosto. «Fra le 706 risposte (74 i luoghi censiti a Milano, ndr) - riferisce Beccalossi -, 80 situazioni devono essere approfondite perché abbiamo avuto conferma della presenza di luoghi di aggregazione di comunità islamiche spesso in locali destinati ad altro scopo come magazzini, esercizi commerciali e abitazioni». Si tratta di dati definiti «molto interessanti» anche dalle forze dell'ordine. La titolare del Territorio ha infine citato alcuni casi di segnalazioni arrivate dai Comuni: il centro culturale islamico di Castano Primo, nel Milanese, che poi si è rivelato una moschea. La moschea «provvisoria» di Sesto San Giovanni. I centri di San Donato Milanese e quello di Costa Masnaga, nel Lecchese, «frequentato da un soggetto condannato la settimana scorsa per vicinanza all'Isis». L'assessore regionale alla Sicurezza, Simona Bordonali, sottolinea come la Lombardia sia «un passo avanti rispetto allo Stato» nel contrasto alle «moschee abusive». E Maroni torna sulla pronuncia dei mesi scorsi della Corte costituzionale sulla Legge 2/2015.

«Ha confermato - spiega - la nostra legge sui luoghi di culto, muovendo solo un paio di rilievi, come quello sulle telecamere che noi avevamo previsto fossero a carico delle associazioni religiose e quello di non distinguere fra le confessioni che hanno un accordo con lo Stato e quelle che non ce l'hanno. Detto ciò, la nostra legge è in vigore per tutte le altre parti. Siamo lieti che la Consulta abbia riconosciuto la validità della nostra iniziativa che non riguarda la libertà religiosa, ma le norme urbanistiche».

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