
L'asfalto di Milano diventa una vecchia lavagna di scuola. Così lo ha vissuto per una notte, o in un'alba, l'artista Stefania Galegati, che ha preso in mano un gesso bianco e incominciando esattamente dall'ingresso della galleria d'Arte moderna ha scritto un pensiero lungo seicento metri. Calligrafia precisa e ordinata, diligenza da remigino, punti, virgole, virgolette, parole che si posano sulla strada, i marciapiedi e gli incroci come un nastro bianco che, steso lungo tutta la via Palestro, attraversa in prossimità di un semaforo il corso, continua in via Tommaso Salvini, poi in via Pietro Cossa e quindi in via Cappuccini, dove all'improvviso si tronca, quando ormai invece credi, e speri, che la scrittura possa moltiplicarsi compiendo il periplo dell'intera città.
«Il monotono della camera - questo l'incipit dell'opera - registra le parole che scendono dalla Croce di Dio- Vi ho visto a sera, umanità stanca, fratelli miei, tornare a casa in treni metropolitani. Avrei voluto sorridere con sbadata complicità per attestare che siamo naufraghi scampati al disastro sentimentale della vita, ma ancora pronti ad essere furbi come bianche colombe e casti come volpi. Perché domani ricominceremo a combattere...». Un passo, una parola; un verbo, un passo, come un rosario che si palpa con la pianta del piede, tanto che ti vien voglia di toglierti le scarpe per sacrificarti a una preghiera che, disperata da tanti inutili discorsi che si tengono a mezz'aria, si è prostrata a terra. E si cammina rasente una scrittura che pare il ciglio di un abisso, di qua la strada tranquilla verso negozi, uffici, residenze, al di la' il nero, il nero del catrame, l'oscurità che ogni scrittura che si rispetti staglia come un bisturi pronto a incidere la pelle per entrare nel sangue e cambiarne il corso. Operazione che non fa più la beata e beatificata comunicazione di sms buttati nel vento a manciate ogni giorno, i messaggini lanciati con beota prolissità su Facebook e Twitter, e la stampa di montagne e montagne di libri esangui la cui unica scudisciata ormai sta nel titolo che serve a vendere. E se internet è vaniloquio e un libro ormai solo cash, denaro, pecunia, come per magia un artista in una notte si è accucciato a terra in una città dormiente e con un gesso ha scritto non per un minuto ma per seicento piedi sul suolo. Uno stile da Antonin Artaud: dolce, maledetto.
«Siete tutti uguali negli abiti stropicciati da una lunga giornata di andirivieni, spintoni dati e ricevuti, vesciche fiorite di nascosto sui talloni. Mobili rotti, chiavi perdute, tabacco sparso nelle borse, unghie spaccate, cattive digestioni, squilli di cellulare». Qualcuno si è preso la briga di descriverci non per lanciare il best seller o per andare in tv a sbrodolare opinioni. No, solo per arte, quell'arte di scrivere che per fortuna sulla nostra strada si incontra ancora e fuor di metafora. E questa artista errante si chiede, come nella notte dei tempi, cosa sia l'amore, l'amore che per le donne e' diventato come le calze di seta. Le indossi una volta e poi alla sera le butti perché basta un niente per farci una smagliatura. «La fragilità delle calze ricorda quella degli amori femminili». I paragoni sono freschi come come quelli di un poeta che non si preoccupa di piacere al lettore. All'artista del gessetto bianco, già quasi mangiato dalle suole dei passanti, alcuni incuriositi e altri invece ignari o ignavi, consumato attraverso corso Venezia dai copertoni delle automobili, di piacere agli altri non importa proprio nulla. Gli importa solo di scrivere in uno spazio dove non ci sia nessuno: la pagina bianca, il deserto insolcato, questo e' il sogno e il terrore di ogni scrittore.
E' impressionato dalle nostre solitudini, la donna che ha fatto di una città un quaderno. E l'impressione, come in tanta arte, e' rabbia. «In questa nostra solitudine che defeca la noia, che annulla la gioia in un mefitico peto». Come finisce il nastro di gesso posato su Milano? Di fatto non ha una fine. Si arresta così: «Le persone vanno prese una alla volta, ma non di petto, sempre di sbieco». Dove inizia questa scrittura? Guarda, guarda, non e' poca roba, continua di là, e poi prosegue dietro l'angolo, e sale su quel marciapiedi, no, non e' possibile va ancora avanti, ma che continui per sempre... Questi i commenti dei passanti. Sembra che parlino di un fantasma apparso a Milano, un fantasma da rincorrere per scoprire una via nuova, per stupirsi non per quanto dice, ma soprattutto del modo che ha scelto per dirsi.
Un gesso sull'asfalto, candido come le briciole di pane che nelle fiabe si spargono nel bosco - e apprendi quindi che Milano in certe ore è proprio lasciata a se stessa, se nessuno ha fermato quel gesso! - per segnare la strada che ti riporta a casa.