Tagli, crisi e riforme: tutti i «San Raffaele» della sanità lombarda

Tagli, crisi e riforme: tutti i «San Raffaele» della sanità lombarda

Il caso del San Raffaele è stato il più eclatante. Ma il rischio licenziamenti è diffuso in Lombardia. Negli ospedali pubblici e in quelli privati. Per 244 lavoratori salvati «in corner» in via Olgettina ce ne sono oltre un migliaio che temono di perdere il posto o di non vedersi rinnovare il contratto in scadenza. Insomma, sono parecchi i «mini casi San Raffaele». Se per ora si riesce a tamponare l'emergenza, la preoccupazione è alta in vista di luglio, quando sarà ufficiale la riforma della sanità lombarda e si deciderà come ridisegnare impieghi e servizi. Con probabili tagli e trasferimenti di personale. «Inoltre siamo in attesa della seconda tranche della spending review - spiegano alla Cgil - e, a causa della crisi, sono in calo anche le richieste di visite ed esami da parte dei cittadini, che si curano meno». Tra i «focolai» da tenere sotto controllo ci sono i casi delle residenze sanitarie per gli anziani: «Non ci sono ancora esuberi di personale dichiarati - spiega Alberto Villa (Cgil-Fp) - ma il tasso di saturazione dei posti letto non è più quello di qualche anno fa e non sono da escludere tagli del personale». Tensione anche alla Don Gnocchi, nelle cliniche private dell'Aiop e nelle strutture sociosanitarie religiose che aderiscono dell'Aris. «Ci stiamo battendo - spiega Villa - perché i lavoratori non si vedano aumentare le ore di lavoro da 36 a 38 a settimana a parità di salario. Inoltre si fa distinzione tra i vecchi assunti e quelli nuovi con tabellari inferiori rispetto al precedente contratto. Finché non vediamo i bilanci, non siamo disposti a cambiare». Scene già viste: per mesi i sindacati hanno chiesto di vedere i bilanci del San Raffaele per rendersi conto delle perdite. Nelle strutture private Aiop il contratto è fermo da 65 mesi, denunciano i sindacati, e si tende ad accorciare la pausa fra un turno di lavoro e l'altro. E poi c'è il problema delle cooperative. «Per risparmiare, tanti servizi vengono esternalizzati ma così nelle corsie ospedaliere lavorano fianco a fianco professionisti con le stesse competenze e profili finanziari molto diversi. E questo crea ulteriori tensioni». Salve, almeno per ora, altre realtà. Agli Icp, istituti clinici di perfezionamento, la Cisl ha aperto un istanza per tutelare 60 medici. «Da oltre 10 anni lavorano con un contratto a tempo determinato - spiega Danilo Mazzacane - Noi puntiamo a convertirlo a un contratto a tempo indeterminato prima che parecchi di loro, tutti specialisti, decidano di andarsene». Al contrario la manodopera dei camici bianchi serve soprattutto ora che, annuncia la Cisl, «gli Icp hanno dato la loro disponibilità ad aumentare di 200 ore a settimana i servizi delle branche specialistiche». A lieto fine anche la telenovela Multimedica, cominciata col San Raffaele e conclusa con un accordo di solidarietà che ha permesso di salvare una cinquantina di posti. Idem all'ospedale comasco Valduce, privato accreditato, dov'è scattato l'accordo di solidarietà per evitare esuberi.

«Al momento le sofferenze conclamate sono risolte - conclude Villa - ma bisogna capire quali saranno le ricadute della riorganizzazione in Lombardia. Inoltre, a fronte di 1.400 assunzioni promesse dal Pirellone, resta il problema del turn-over dei medici, coperto solo al 40%».

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