Tasse e bastoni fra le ruote: Milano mette in fuga il Giro e la corsa finisce a Brescia

il Comune offre solo 100mila euro ma poi ne chiede 90mila di Cosap . L'Atm intanto vuole il risarcimento per "mancati introiti". È divorzio

La vita è una ruota che gira e lo è anche per il Giro d'Italia. Ci sono momenti sì e momenti no. Soprattutto ci sono momenti in cui è bene fermarsi e girare alla larga: come ha fatto il Giro. Basta finale a Milano. Basta tappe nella nostra città. Meglio andare altrove, dove c'è più passione, sensibilità, attenzione, gioia per accogliere uno degli eventi sportivi più amati del nostro Belpaese.
Il Giro è nato ieri pomeriggio a Milano. In verità nella nostra città c'è nato nel lontano 1909, e da allora si è sempre disputato, salvo che per le interruzioni dovute alla prima e alla seconda guerra mondiale. Mentre il luogo di partenza è in genere ogni volta diverso, l'arrivo, salvo eccezioni è sempre stato a Milano, città dove ha sede «La Gazzetta dello Sport», il quotidiano sportivo che organizza la corsa sin dalla sua istituzione.
Il Giro e Milano sono stati per anni una cosa sola. Storia e luogo di un romanzo sportivo e culturale senza fine. Oggi Giro e Milano sono un ossimoro: qualcosa si è rotto. La ruota non gira più. Ha un bel dire il sindaco Giuliano Pisapia che, in sella ad una bicicletta, ha costruito la propria campagna elettorale. Per il primo cittadino di Milano è una città dal respiro europeo che guarda con attenzione ad una mobilità sostenibile, alla condivisione della bicicletta (bike-sharing), il tutto con l'intento di accrescere una cultura e una sensibilità ecologica, in favore di un trasporto intermodale.
Londra ha ospitato negli ultimi anni la «Grand Depart» del Tour de France e soprattutto quest'anno i Giochi Olimpici, con la gara di ciclismo davanti a Buckingham Palace, e ad oltre due milioni di spettatori. Ma Londra ha scoperto la bicicletta e la promuove, sia come mezzo di locomozione che strumento di promozione sportiva.
Lo scorso mese di maggio, va riconosciuto, in occasione dell'arrivo del Giro vinto dal canadese Ryder Hasjedal, il sindaco Pisapia decretò la domenica «ecologica». Tutti a piedi o in bicicletta: fu un grandissimo successo. Oggi, a pochi mesi di distanza, il Giro, la bicicletta, la pista del Vigorelli (l'assessore Bisconti l'ha già dichiarato, la pista sarà distrutta) non hanno più l'onore di cittadinanza. Milano parla di bicicletta ma non vuol più sentir parlare di ciclismo.
L'ultima tappa del Giro del prossimo anno (4-26 maggio 2013) terminerà a Brescia. La decisione non è solo e soltanto economica, ma come fanno sapere gli organizzatori, anche di sensibilità. «Milano è Milano, su questo non si discute - spiega Mauro Vegni, direttore della corsa rosa -, ma è anche vero che il Giro ha una sua dignità e non può essere calpestata. Brescia ha messo in campo tutto per poter ben figurare, ha fatto sentire il proprio calore e il proprio amore per la nostra corsa: non potevamo dirle di no».
In queste parole forse c'è una buona dose di retorica, ma in ogni caso i sentimenti hanno un loro peso specifico. Poi ci sono i 700 mila euro che la Leonessa d'Italia ha messo sul piatto della bilancia contro i 600 mila che offriva Vicenza (in corsa fino all'ultimo per ospitare il gran finale rosa) e Milano che sul tavolo ha messo solo 100mila euro.


Per non parlare poi della fattura di oltre 90 mila euro, che gli organizzatori si sono visti recapitare da Milano per «occupazione del luogo pubblico» e l'Atm che ha tentato il colpo, cercando di farsi pagare il «mancato introito». Insomma, proprio un bel modo di accogliere il Giro d'Italia. Da vera città europea, uscita da tempo dal Giro.

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