Maria SorbiMettiamo che negli anni Settanta hai acquistato un terreno edificabile per pochi soldi. E te lo sei tenuto stretto per i tempi duri, sicuro di aver fatto l'investimento della vita. Mettiamo che l'hai pagato un milione di lire e che adesso vale attorno ai 100mila euro. Certo, ora con la crisi lo vendi a meno, diciamo 70mila euro, ma ci guadagni comunque un bel gruzzoletto. Le cose però non sono così semplici. Quello «sconto crisi» di 30mila euro può arrivare a levarti il sonno. E negli incubi comparirà sempre un solo protagonista: l'Agenzia delle Entrate. Anche se hai fatto tutto onestamente, chiedendo perizie e facendoti affiancare nelle pratiche da commercialisti e notai, stai pur certo che al 99% nell'arco dei due mesi successivi alla vendita ti arriverà «la sorpresa» in busta chiusa. Oggetto: rettifica del valore del terreno. In sostanza, ti viene detto che hai venduto a un prezzo troppo basso. E tra le righe sembra quasi che il Fisco ti accusi di esserti fatto pagare una parte in nero. Hai solo fatto uno sconto e ora devi pagare un'imposta di registro maggiore, oltre a sanzioni e interessi legali. Il tutto in una specie di forfait che ti viene pure fatto passare come una sanatoria conveniente. La notifica è a carico tuo quando chi acquista il terreno non paga l'imposta di accertamento, che solitamente non viene mai corrisposta. E può arrivarti anche se avevi già adeguato il terreno ai parametri attuali del mercato, pagando una quota pari al 4% del suo valore. Il 70% delle vendite dei terreni dove il venditore è un privato finisce con la lettera dell'Agenzia delle entrate. E si innesca il meccanismo di: vendita, rettifica del prezzo, multa. Accade così: i tecnici dell'Agenzia delle entrate studiano i dati delle compravendite degli ultimi tre anni, controllano a quanto sono stati venduti i terreni attorno al tuo, fanno una media e zac, ti contestano la cifra a cui hai venduto tu. Fanno la media quando va bene - denunciano gli immobiliarsiti - Capita anche che mettano a confronto terreni vicini ma tra loro molto doversi (per dimensioni, capacità edificatoria, domanda di mercato). E ovviamente adeguano il prezzo al valore più alto. Il problema è che il mercato va in una direzione e il Fisco in un'altra. I listini su cui ci si basa per determinare i valori di aree e immobili restano sempre qualche passo indietro alle regole reali di mercato. Questo significa che ogni vendita nasce «sballata» a priori.
«C'è una sfasatura sempre più evidente tra mercato e la base su cui vengono effettuati gli accertamenti catastali - denuncia Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia - Il fisco non diminuisce mai il valore dei terreni, nemmeno in periodo di crisi. Tende sempre e solo ad alzarsi. Siamo di fronte a un fisco borbonico, impostato su una presunzione di evasione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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